Marcello Torre
Ringraziamo Annamaria Torre, figlia di Marcello Torre, che ci ha fornito questo documento e ci ha consentito di pubblicarlo sul sito della nostra Associazione
La Biografia di Marcello Torre
di Annamaria Torre
Potete trovare molte altre informazioni all’indirizzo: http://www.associazionemarcellotorre.it/index.php
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Marcello Torre nasce a Pagani il 9 giugno 1932 in Corso Ettore Padovano.
Il padre Giuseppe è uno stimato medico, la madre, Anna Contaldi, conosciuta con il vezzeggiativo di Nina, è la figlia del dottor Andrea, titolare della prima farmacia della città.
Durante gli anni della formazione scolastica Marcello frequenta assiduamente l’Azione Cattolica nella quale ricopre, sin dal 1948, l’incarico di dirigente diocesano della GIAC (Gioventù Italiana Azione Cattolica). Iscrivendosi all’Università di Napoli per completare gli studi superiori sceglie la Facoltà di Giurisprudenza. In questi anni si avvicina alla Democrazia Cristiana. Un percorso naturale che lo porta dalla Azione Cattolica ai Gruppi Giovani della DC di cui divine Delegato provinciale nel 1954. In pochi mesi Marcello si fa notare per il suo attivismo e viene nominato componente della Giunta esecutiva nazionale come responsabile delle politiche per il Mezzogiorno. Dopo due anni il suo impegno, anche territoriale, viene premiato con l’elezione al Consiglio comunale di Pagani. Ha soli 24 anni. Grazie al suo lavoro amministrativo l’anno successivo sarà varata la prima Consulta giovanile comunale della provincia di Salerno. Nel gennaio del 1957, in qualità di responsabile meridionale dei giovani democristiani, organizza un Convegno nazionale di Studi sul Mezzogiorno alla Camera di Commercio di Salerno. Il tema è di quelli strategici: fare un primo resoconto dell’intervento statale al sud e suggerire nuove politiche industriali per impostare la seconda fase di sviluppo della Cassa per il Mezzogiorno. In quello stesso anno, in luglio, Marcello si laurea con il massimo dei voti con una tesi su “Lo scioglimento delle Assemblee parlamentari”. Il relatore è il professor Alfonso Tesauro, deputato democristiano.
Nel 1959 lascia la carica di delegato provinciale dei Gruppi Giovanili della Democrazia Cristiana perché chiamato a ricoprire il ruolo di responsabile provinciale della Spes, ovvero l’ufficio propaganda della DC, dando vita a due settimanali che avranno vita breve: “Gioventù Nostra” e la “Rivolta del Sud”.
In quegli anni comincia a frequentare Lucia De Palma, figlia di Costantino De Palma, un imprenditore amico della famiglia Torre sin dal 1926, anno in cui il dottor Giuseppe e il commendator Costantino promuovono, insieme ad altri, la nascita della locale squadra di calcio: la Paganese.
Il 21 gennaio 1959 patrocina la sua prima Causa in Corte d’Assise come difensore di parte civile in un processo d’omicidio, riscuotendo un clamoroso successo di stampa; durante tutti gli anni sessanta affiancherà in importanti processi il futuro Presidente della Repubblica Giovanni Leone.
Marcello e Lucia coronano il loro sogno d’amore sposandosi l’undici giugno 1960. Dopo qualche mese Marcello viene eletto consigliere provinciale nel collegio di Pagani e rieletto consigliere comunale. Ricoprirà entrambe le cariche ininterrottamente fino al 1970.
Pur essendo giovanissimo viene nominato, in quota alla corrente fanfaniana, assessore al contenzioso, alla pubblica assistenza e alle politiche giovanili, dedicandosi alla riorganizzazione dell’Ospedale psichiatrico di Nocera Inferiore.
Quando nel 1964 sarà rieletto consigliere provinciale sono già nati i suoi due figli, Giuseppe ad Annamaria. Viene riconfermato anche nel ruolo di assessore provinciale, ma questa volta oltre alle deleghe al Turismo, allo Sport e alle Politiche Giovanili è indicato quale Vicepresidente dell’Amministrazione provinciale. Rimarrà tale fino al 1970.
Il suo impegno alla Provincia nel periodo 1965-1970 si contraddistingue in alcuni punti salienti: la sistemazione della rete viaria dell’Agro nocerino sarnese (in particolare la progettazione e costruzione della variante di collegamento con la provinciale per Angri, la bitumazione e la rettifica delle strade di campagna); la programmazione dello sviluppo turistico della Provincia; gli interventi di edilizia scolastica (si deve a Marcello Torre la costruzione dell’attuale sede del liceo scientifico di Pagani); l’impegno per i giovani in politica; il finanziamento del nuovo campo sportivo di Pagani e il sostegno economico alla squadra di calcio della Salernitana a rischio di fallimento.
Nel 1970 lascia la politica in rottura con l’on. Bernardo D’Arezzo, capo corrente fanfaniano, e fonda il 10 ottobre dello stesso anno il Piccolo Giornale dal quale conduce la sua battaglia di opposizione alle posizioni del leader della D.C. paganese.
Durante gli anni settanta Torre si dedica solo alla professione divenendo uno dei penalisti di maggior rilievo del Foro salernitano, sedendo nel Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Salerno con l’allora presidente Mario Parrilli.
Le sue capacità professionali lo portano ad essere il difensore di molti capiclan della camorra dell’agro e dei vari affiliati ai clan del napoletano. Tuttavia va ricordata, per il clamore che suscitò, la difesa dell’anarchico Giovanni Marini (accusato dell’assassinio dell’attivista di estrema destra Carlo Falvella), in collaborazione con l’avv. Spazzali di Milano e con l’on Umberto Terracini, già Presidente dell’Assemblea Costituente. Tra quest’ultimo e Marcello nasce un rapporto di stima reciproca al punto che Terracini a nome del Partito Comunista gli chiede di candidarsi al Senato, nel collegio dell’agro nocerino sarnese, con il PCI come indipendente cattolico, per le elezioni politiche del 1976. Marcello penserà a lungo ma alla fine declinerà l’invito.
Nello stesso anno, assume la presidenza della Paganese. Nella stagione 1976/77, dopo un brillante campionato di C1, la squadra di calcio sfiora d’un soffio la promozione in serie B.
La famiglia Torre sembra vivere momenti spensierati. L’avvocato, abbandonata la politica, si mostra sereno dedicandosi alla moglie ai figli con amore. Marcello, Lucia, Peppino, Annamaria viaggiano e si divertono al mare, sulla neve, all’estero.
Nel frattempo la società locale introno a loro cambia. Pagani assurge alle cronache quotidiane per le numerose sparatorie che si svolgono in luoghi pubblici. Un “far west”, così viene descritta dalla stampa. Del resto sarà l’unica città italiana in cui alcuni camorristi saranno condannati al domicilio coatto, una misura pensata per i mafiosi siciliani.
La camorra si modernizza passando dal controllo dell’intermediazione agraria al racket delle estorsioni. Si forma una melassa affaristico-criminale che coinvolge imprenditori, amministratori, tecnici, burocrati e criminali. Al vertice il clan di Salvatore Serra, detto Cartuccia. Un marginale violento, proveniente dalla casbah dei cortili di Casa Marrazzo, quartiere del centro storico paganese.
Marcello sin dagli esordi segue le sorti di Serra divenendo il suo avvocato difensore e stabilendo un rapporto di comprensione umana che comunque non ammette deroghe alla sua etica professionale.
Arriviamo, così, nel 1980. Bernardo D’Arezzo di fronte all’autonomizzazione di una parte della DC locale, che non risponde più alle sue direttive, gioca la carta Marcello Torre, ovvero quella dello stimato professionista e beneamato presidente onorario della squadra di calcio, per recuperare consenso alla sua corrente.
Marcello accetta la sfida, forse anche perché è cosciente che D’Arezzo è ormai al tramonto e può quindi tentare di sostituirlo nella leadership politica o forse si lascia dominare dalla voglia di rivalsa per la delusione del 1970. Torna alla politica attiva e capeggia la lista della Democrazia Cristiana per le elezioni comunali, inaugurando una nuova stagione di dialogo con le altre forze politiche. La sua candidatura viene letta dalla stampa quotidiana come l’unica vera novità di quella tornata elettorale.
Eppure, qualcosa non va. Si cerca di intimidirlo, di evitare che possa diventare il nuovo punto di riferimento politico. Tant’è che il 30 maggio del 1980, in piena campagna elettorale, scrive una lettera testamento, indirizzata alla moglie ed ai figli, consegnandola all’allora Pubblico Ministero dott. Domenico Santacroce:
<<Carissimi, ho intrapreso una battaglia politica assai difficile. Temo per la mia via. Ho parlato al dr Ingala (commissario PS Nocera Inferiore ndr). Conoscete i valori della mia precedente esperienza politica. Torno nella lotta soltanto per un nuovo progetto di vita a Pagani. Non ho alcun interesse personale. Sogno una Pagani civile e libera. Ponete a disposizione degli inquirenti tutto il mio studio. Non ho niente da nascondere. Siate sempre degni del mio sacrificio e del mio impegno civile. Rispettatevi ed amatevi. Non debbo dirvi altro. Conoscete i miei desideri per il vostro avvenire. Lucia (la moglie ndr) serena – Peppino ed Annamaria (i figli ndr) “laureati” corretti – tolleranti – aperti all’esistenza – con una famiglia sana e tranquilla. Quanti mi hanno esposto al sacrificio siano sempre vicini alla mia famiglia. Vi abbraccio forte al cuore un pensiero ai miei fratelli, alle zie e a tutti i miei cari… Marcello>>.
Il 9 giugno la D.C. prende la maggioranza relativa in seno al Consiglio Comunale. Si decide, così, di costituire un monocolore con appoggi esterni. Il 7 luglio Marcello Torre viene eletto Sindaco. L’otto settembre il consiglio si riunisce per ascoltare le dichiarazioni programmatiche del Sindaco eletto:
<<Con la stagione più ricca di speranze i cattolici, nell’Assemblea costituente, con altri prestigiosi esponenti di diversa estrazione politica e culturale, dettero il primo fondamentale apporto per la formazione dei principi dell’autonomia degli Enti Locali. L’art. 5 della Costituzione sanzionò i principi del decentramento per la diretta partecipazione popolare alla vita dello Statuto, che rimane l’obiettivo più alto della politica moderna. Il Comune, che raccoglie le famiglie del territorio, in cui c’è la torre che ricorda un passato, un campanile che indica il cielo, libere istituzioni che rappresentano il patrimonio della nostra storia, il Comune, è la base della Democrazia. Dare contenuto al bene comune, alla qualità della vita, al pluralismo, trasferirne la nozione sul piano dell’esperienza, alla ricerca di un equilibrio dinamico fra le tensioni fondamentali dei nostri tempi – individuo e gruppo, sfera privata e potere pubblico – ecco il lavoro dell’Amministrazione Comunale che, sotto la spinta di queste opposizioni, mira a risolverle con sistemazioni sempre più opportune, senza potersi rifugiare in una facile elusione del problema con il rifiuto di uno dei termini dell’alternativa>>. (dalla delibera di Consiglio Comunale n. 371 dell’8.9.1980, oggetto: dichiarazioni programmatiche).
Dopo qualche mese accade qualcosa di imponderabile: il terremoto. La sera del 23 novembre 1980 Marcello è in strada per fornire i primi soccorsi agli sfollati. Requisisce il mercato ortofrutticolo trasformandolo in un luogo di assistenza dove vengono montate roulotte e tende.
La camorra, intanto, si avventa sugli aiuti che giungono per le popolazioni colpite dal sisma. La ricostruzione post terremoto fa gola ai camorristi, agli imprenditori affaristi e ai politici. Marcello dovrà lottare per togliersi di dosso la “croce” di avvocato difensore dei camorristi e quindi possibile trat d’union tra criminalità organizzata e gestione della cosa pubblica.
I suoi atti sono netti: chiede che i sindaci possano dirigere tutta la fase della ricostruzione con la collaborazione di tutte le forze politiche. Anzi compie un atto “rivoluzionario” istituisce un comitato paritetico, in cui ci sono tutti i partiti, per distribuire incarichi e funzioni senza spartizioni di maggioranza e minoranza. In base al principio di parità vengono scelti i tecnici che dovranno quantificare i danni e avviare la ricostruzione. Marcello si fa forte del suo rapporto diretto con l’on. Zamberletti, commissario governativo per l’emergenza terremoto, conosciuto negli anni in cui era stato dirigente nazionale dei giovani democristiani. Continuano, però, a fioccare le accuse di voler favorire la camorra. Il 6 dicembre si dimette per protestare contro un articolo che lo dipinge come il sindaco della camorra. L’8 dicembre i partiti gli rinnovano la fiducia, ma ha ormai le ore contate.
Tre giorni dopo, l’undici dicembre 1980, Marcello Torre viene assassinato mentre si reca in Comune, come ogni mattina alle 8.00, in compagnia del segretario avv. Franco Bonaduce.
Rimane come incognita il testamento scritto alla moglie e ai figli sei mesi prima dell’assassinio in cui egli è cosciente di rischiare la vita, anche se lega questo pericolo alla battaglia politica che ha intrapreso. Forse si rendeva conto che non si poteva essere contemporaneamente l’avvocato dei clan e il Sindaco di Pagani, soprattutto se non si fanno sconti al proprio rigore morale.
La Commissione parlamentare antimafia della XI legislatura giungerà a queste conclusioni:
<<Non di rado la camorra si è fatta garante del successo elettorale degli amministratori collusi; ha spesso inoltre assicurato la stabilità politica per far procedere senza intralci l’operazione economica intrapresa. Laddove, poi, sindaci ed amministratori comunali non si sono piegati alla logica della collusione, la camorra non si è fatta scrupolo di usare la violenza. È il caso dell’omicidio, avvenuto l’11 dicembre 1980, del sindaco di Pagani, Marcello Torre, colpevole di non aver favorito il sodalizio criminale nell’affidamento di appalti per la rimozione delle macerie. Si tratta di una esecuzione avvenuta a pochissimi giorni dal sisma che costituisce anche un “segnale” nei confronti degli amministratori degli enti locali, ai quali vengono indicate le “procedure” che saranno seguite in caso di non assoggettamento o di dissenso. Alcuni mesi prima dell’omicidio organi di polizia erano stati informati confidenzialmente che l’avvocato Torre era esposto al rischio di aggressioni armate. Tale notizia confidenziale non venne ritenuta affidabile, né vennero presi in considerazione i timori per la propria vita espressi dalla vittima al dirigente del Commissariato della Polizia di Stato di Nocera Inferiore dopo la sua elezione a sindaco. Non si ritenne di tutelare l’avvocato Torre neanche quando manifestò con nettezza il suo impegno a combattere ogni ingerenza camorristica nella gestione del comune. Le indagini sull’omicidio sono partite molto a rilento; l’esame della documentazione contenuta nella scrivania dell’ufficio in municipio fu effettuato solo dopo tredici giorni dall’evento; la perquisizione dello studio e dell’abitazione della vittima fu disposta dal giudice istruttore soltanto il 5 febbraio 1982. Il giudice istruttore nell’ordinanza di rinvio a giudizio scriveva che “per ben due anni l’istruttoria veniva a trovarsi in una pressoché totale stasi” sino a quando le rivelazioni di alcuni collaboratori davano un nuovo impulso alle indagini. Gli imputati indicati dai pentiti come autori materiali del delitto sono stati tutti assolti>>.
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