Il futuro dei beni sequestrati

 

Francesco Menditto, membro del comitato scientifico dell’Associazione Nazionale Legalità e Giustizia, è Procuratore della Repubblica di Lanciano. È autore di numerose pubblicazioni in materia di contrasto patrimoniale alle organizzazioni di tipo mafioso e sul riutilizzo a fini sociali di beni confiscati

Biografia Francesco Menditto

 

Quale futuro per i beni immobili sequestrati e confiscati?

Proposte essenziali per ridurre le criticità esistenti[1]

 

di Francesco Menditto

 

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SOMMARIO: 1. Premessa: il contrasto patrimoniale alle mafie (e alla criminalità) – 2. Amministrazione dei beni sequestrati e destinazione dei beni confiscati: evoluzione normativa – 2.1. Premessa – 2.2. La fase iniziale, dal 1982 al 2009 –  2.3- L’istituzione dell’Agenzia Nazionale – 2.4. Il d.lgs. n. 159/11 (c.d. Codice Antimafia)  e la l. n. 228/12 (c.d. legge di stabilità 2013) – 3. L’ amministrazione dei beni immobili sequestrati (cenni) – 4. La destinazione dei beni  immobili confiscati – 5.  Il riutilizzo a fini sociali dei beni (immobili) confiscati –  5.1. La legislazione italiana – 5.2. Gli interventi della Corte costituzionale e della Corte di Cassazione – 5.3. Le linee di tendenza dell’ordinamento internazionale – 6. I dati relativi agli immobili confiscati. Le criticità dell’amministrazione e della destinazione (cenni) – 7. Un “falso” problema: la vendita dei beni immobili –  8. L’esame delle criticità: interventi di carattere generale – 9. L’esame delle criticità: gli specifici interventi  – 9.1. Per un corretto approccio alle criticità – 9.2. Deterioramento del bene, manutenzione, rilascio dell’immobile –  9.3. I beni in comunione – 9.4.  Gli immobili abusivi –  9.5. La “storica” criticità delle ipoteche – 10.  Le risorse: l’istituzione di fondi finalizzati, il Fondo Unico giustizia  11. Le ulteriori necessarie modifiche al d.lgs. n. 159711 – 12. Conclusioni

 

1. Premessa: il contrasto patrimoniale alle mafie (e alla criminalità)[1]

Un’efficace azione di contrasto al crimine, in particolare di quello organizzato di tipo mafioso, è possibile solo se all’azione repressiva “classica” si affianca un intervento patrimoniale diretto a eliminare i profitti illecitamente accumulati che costituiscono la causa prima di questo tipo di delitti.

Dopo la legge Rognoni-La Torre (646/82) sono seguiti nuovi istituti finalizzati a un’efficace contrasto patrimoniale: il sequestro e la confisca previsti dall’art. 12 sexies d.l. n. 356/92, conv. dalla l. n. 356/92[2] (c.d. confisca allargata), numerose ipotesi di confisca obbligatoria[3], la confisca per equivalente[4] e la confisca ai danni dell’ente[5]. In un’ottica diretta e intervenire sul patrimonio si possono collocare anche il sequestro conservativo[6] e, in alcuni casi, il sequestro preventivo cd. “impeditivo”.

I numerosi interventi degli ultimi anni diretti a potenziare i mezzi di  aggressione ai patrimoni illecitamente accumulati dagli appartenenti a organizzazioni di tipo mafioso, con una progressiva estensione alla criminalità che trae profitti illeciti[7], hanno creato notevoli problemi applicativi, con necessarie interpretazioni dirette a evitare contrasti normativi e a ricondurre alcune norme nel rispetto dei principi costituzionali e della Cedu[8].

Per un corretto “inquadramento” del tema dell’amministrazione e della destinazione dei beni sequestrati e confiscati occorre avere ben presente che nell’ordinamento italiano coesistono due interventi patrimoniali[9]:

–          in sede di prevenzione, nei confronti di diverse categorie di persone espressamente elencate oggi dagli artt. 1 e 4 del d.lgs. n. 159/11, indipendentemente dall’esistenza e dall’esito dell’eventuale processo penale, nell’ambito di un autonomo procedimento a impulso di diverse Autorità -giudiziarie e amministrative-[10]  e competenza attribuita (per il sequestro e la confisca) al Tribunale del capoluogo di provincia (che sarà definito per comodità “Tribunale di prevenzione”), attraverso una più agile procedimento rispetto a quello penale;

–          in sede penale, in cui i provvedimenti di sequestro e confisca, adottati ai sensi dell’art. 12 sexies d.l. n. 306/92 cit., seguono la disciplina del processo penale[11], con la conseguenza che la confisca può essere adottata solo nel caso di condanna[12].

 

2. Amministrazione dei beni sequestrati e destinazione dei beni confiscati: evoluzione normativa

 

2.1. Premessa

Col decreto di sequestro, del Tribunale di prevenzione ovvero del giudice penale,  si avvia la fase dell’amministrazione (o gestione) dei beni che si svolge contemporaneamente al procedimento finalizzato all’applicazione della confisca. I beni sequestrati sono amministrati “per conto di chi spetta”, fino alla revoca del sequestro (con restituzione  dei beni al titolare) o fino alla confisca definitiva, con devoluzione dei beni allo Stato.

L’amministrazione dei beni assume un rilievo particolare rispetto ad analoghi istituti e procedimenti per il suo carattere “dinamico” perché deve  assicurare, non solo la conservazione, ma anche la redditività del bene stesso.

L’amministrazione non è agevole per plurime ragioni, tra cui è utile menzionare: le difficoltà che derivano dai contesti e dalle dinamiche criminali in cui sono, spesso,  inseriti i beni sequestrati; per le resistenze dei soggetti coinvolti dalla misura cautelare che tendono a non essere spossessati o a interferire nell’amministrazione; dalla difficoltà di  reperire le risorse talvolta necessarie per un’utile gestione, in particolare, delle aziende.

All’amministrazione provvedono organi dello Stato rappresentati dall’autorità giudiziaria – Tribunale di prevenzione, giudice delegato nominato dal Tribunale di prevenzione, giudice penale che ha disposto il sequestro- affiancati dall’amministratore giudiziario e dall’Agenzia nazionale.

Nell’amministrazione vengono in rilievo rapporti giuridici di varia natura relativi ai beni sequestrati che comportano un’interferenza tra la disciplina delle misure di prevenzione (e quella penale) e le sue finalità e quella di altri rami del diritto, non sempre coordinata o regolata pur dopo il d.lgs. n. 159/11, cui spesso sopperiscono le prassi giudiziarie.

L’amministrazione dei beni si svolge contemporaneamente al procedimento (di prevenzione o penale) funzionale alla confisca.

All’esito del procedimento, spesso a distanza di molti anni, i beni confiscati definitivamente (dopo il giudizio di primo e secondo grado e quello di legittimità innanzi alla Corte di Cassazione) sono devoluti allo Stato” (art. 45 d.lgs. n. 159/11).

Anche nel procedimento di destinazione si sono registrate criticità, di diversa natura, a partire dalla lentezza del relativo procedimento.

 

2.2. La fase iniziale, dal 1982 al 2009

Le poche disposizioni introdotte nella legge antimafia (n. 575/65) dalla l. n. 646/82 in materia di amministrazione e destinazione dei beni sono state progressivamente integrate nel tentativo di ridurre le criticità evidenziate nel tempo.

Una prima disciplina organica si ha col d.l. n. 230/89, conv. dalla l. n. 282/89.

Su impulso dell’associazione Libera, nomi e numeri contro la mafia che, con altre organizzazioni, raccolse oltre un milione di firme dirette a sostenere un disegno di legge di iniziativa popolare, venne approvata la l. n. 109/96, «disposizioni in materia di gestione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati».

Furono inserite numerose norme nella legge antimafia (n. 575/65) attribuendo all’amministrazione dei beni sequestrati un maggior valore dinamico, oltre che simbolico; lo Stato, attraverso i suoi organi, cura la gestione dei beni con una duplice finalità: conservare e incrementare “per conto di chi spetta”, ma anche spossessare il formale titolare del bene per ricondurlo nel circuito legale, seppur con la precarietà propria del provvedimento cautelare, in una prospettiva di destinazione per fini sociali del bene all’esito della confisca definitiva.

La l. n. 94/09 tentava, tra l’altro, di affrontare le criticità derivanti dai troppo lunghi procedimenti di destinazione dei beni definitivamente confiscati da parte dell’Agenzia del demanio, con competenze attribuite a plurimi  organi (oltre che per le criticità presenti sui beni), trasferendo queste competenze al Prefetto.

Quanto ai beni sequestrati e confiscati ai sensi dell’art. 12 sexies d.l. n. 306/92, conv. dalla l. n. 356/92, alla frammentaria regolamentazione contenuta originariamente nel comma 3 segue l’introduzione, con la l. n. 45/01, di un nuovo comma 4 bis, secondo cui trovano applicazione «le disposizioni in materia di gestione e destinazione dei beni sequestrati o confiscati previste dalla l. n. 575/65 “salvi i diritti della persona offesa dal reato alle restituzioni e al risarcimento del danno».

La tendenziale unificazione dell’amministrazione e destinazione dei beni è portata a compimento dalla l. n. 94/04 che modifica l’art. 12 sexies, comma 4 bis, richiamando espressamente l’applicabilità delle disposizioni in materia  di  gestione e destinazione dei beni sequestrati o confiscati  previste dagli articoli 2 quater e da 2 sexies a 2 duodecies l. n. 575/65, fatti sempre salvi i diritti delle persone offese.

 

2.3. L’istituzione dell’Agenzia Nazionale

Raccogliendo le proposte avanzate in diverse sedi, a partire da quella formulata dall’associazione Libera  nel corso degli Stati generali del 2006,  il d.l. n. 4/10, conv. dalla l. n. 50/10, ha  istituito l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, concentrando in questo organo, non solo le descritte competenze nel corso del procedimento funzionale alla confisca, ma anche sull’amministrazione e sulla destinazione dei beni confiscati.

La legge istitutiva, ora confluita negli artt. da 110 a 113 d.lgs. n. 159/11, attribuisce all’Agenzia compiti conoscitivi e di analisi di tutte le fasi relative al sequestro, alla confisca e alla destinazione e assegnazione del bene nonché di esame delle criticità emerse, con facoltà di adottare iniziative e provvedimenti necessari per la tempestiva destinazione e utilizzazione dei beni confiscati.

Nel disegno del legislatore (corretto rispetto a iniziali criticità contenute nel d.l. n. 4/10)[13] le fasi della destinazione e assegnazione dei beni sono raccordate con quella  dell’amministrazione giudiziaria.

I provvedimenti in materia di amministrazione, assegnazione e destinazione dei beni sono adottati sulla base di linee guida[14] che consentono all’Agenzia di procedere:

–          alla programmazione della destinazione  e assegnazione dei beni sequestrati in previsione della confisca;

–          all’approvazione di piani generali di destinazione dei beni confiscati, richiedendo eventualmente la modifica della destinazione d’uso del bene confiscato, anche in deroga agli strumenti urbanistici;

–          alla verifica dell’utilizzo dei beni, da parte dei privati e degli enti pubblici, conformemente ai provvedimenti di assegnazione e di destinazione, potendo anche revocare il provvedimento nel caso di mancato o difforme utilizzo del bene rispetto alle finalità indicate.

Con specifico riferimento all’amministrazione dei beni, l’attuale disciplina prevede una tendenziale continuità degli organi che vi partecipano per l’intera durata del procedimento, dal sequestro alla sua revoca o alla confisca definitiva.

Il ruolo del Tribunale e del giudice delegato (ovvero del giudice penale che ha disposto il sequestro) è svolto per l’intero procedimento, seppur con un’attenuazione dopo la confisca di primo grado, quando all’amministratore giudiziario subentra l’Agenzia nazionale alla quale, fino a quel momento, sono attribuiti compiti di mero ausilio, e che  può nominare come suo coadiutore lo stesso amministratore.

Le disposizioni vigenti, salva la disciplina transitoria, distinguono l’amministrazione dei beni in due fasi:

a)      la prima che si svolge dal decreto di sequestro alla confisca di primo grado di prevenzione avvero al termine dell’udienza preliminare;

b)      la seconda che inizia successivamente e prosegue con l’eventuale  procedimento innanzi alla Corte d’appello, prima,  e alla Corte di cassazione, poi;  termina con la confisca definitiva.

La prima fase è la più delicata e complessa: si esegue il sequestro, si avvia l’amministrazione dei beni e si affrontano molteplici questioni, sia di gestione, sia relative al protrarsi del sequestro. Essa si conclude con la confisca di primo grado ovvero col termine dell’udienza preliminare di primo grado[15], quando assume maggiore stabilità il sequestro dei beni grazie al vaglio nel contraddittorio; allo stesso tempo sono restituiti i beni per i quali i presupposti carenti rendono inutile la protrazione del vincolo cautelare.

L’esame e la soluzione delle complessità che si verificano sono agevolate dalla presenza del giudice delegato del Tribunale (ovvero del giudice penale che ha adottato il sequestro), che dirige l’amministrazione dei beni, affidata per il materiale espletamento all’amministratore giudiziario con l’ausilio dell’Agenzia nazionale.

La seconda fase presenta, generalmente, minori problematiche: è ormai collaudata la gestione; é stato revocato il sequestro dei beni per i quali le parti hanno offerto idonee allegazioni; sono incrementate le aspettative della confisca definitiva, che si consolidano maggiormente con la confisca confermata in secondo grado dalla Corte d’appello. La ridotta complessità consente l’affidamento dell’amministrazione all’Agenzia nazionale che, competente anche per la fase successiva alla confisca definitiva, inizia a programmare l’eventuale destinazione finale del bene. La direzione dell’amministrazione è sempre assicurata dal giudice delegato che, in presenza di un organo istituzionale a ciò deputato, esercita poteri più sfumati. L’Agenzia per lo svolgimento dei suoi compiti e per assicurare continuità alla gestione può avvalersi dello stesso amministratore giudiziario.

 Divenuta definitiva la confisca e devoluti di diritto i beni allo Stato,  l’Agenzia nazionale, cui il provvedimento è comunicato, continua ad amministrare  i beni, con le precedenti modalità (ausilio di coadiutori e iscritti all’albo degli amministratori, di norma l’amministratore già nominato).

Tutte le competenze sulla destinazione dei beni confiscati  sono concentrate in capo all’Agenzia:

–          il provvedimento di destinazione è adottato dal direttore dell’Agenzia, previa delibera del Consiglio direttivo, sulla base di quanto programmato eventualmente nella fase giudiziaria e dei piani generali di destinazione in precedenza approvati;

–          la  stima  del valore del bene è desunta dalla  relazione svolta in sede di sequestro e da altri atti giudiziari,  salvo  che sia ritenuta necessaria una nuova stima;

–          l’Agenzia adotta il provvedimento  di  destinazione entro novanta giorni  dal  ricevimento  della comunicazione della definitività della confisca,  prorogabili di ulteriori novanta giorni in  caso  di  operazioni  particolarmente complesse.  I termini devono ritenersi ordinatori.

Quanto ai beni sequestrati e confiscati ai sensi dell’art. 12 sexies d.l. n. 306/92, conv. dalla l. n. 356/92, la legge istitutiva dell’Agenzia nazionale “spezza” l’unità della disciplina modificando il comma 4 bis:

–          nel caso di sequestro e confisca per i delitti previsti dall’art. 51, comma 3 bis, c.p.p. menzionati dall’art. 12 sexies la competenza viene attribuita all’Agenzia nazionale

–          qualora, invece sequestro e confisca abbiano ad oggetto delitti elencati nell’art. 12 sexies, ma  diversi da quelli previsti dall’art. 51, comma 3 bis, c.p.p. è escluso l’intervento dell’Agenzia nazionale e le disposizioni in materia di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati (previste dagli articoli 2 quater e da 2 sexies a 2 duodecies l. n. 575/65) «si applicano, in quanto  compatibili», con la nomina «di un amministratore».

 

2.4. Il d.lgs. n. 159/11 (c.d. Codice Antimafia)  e la l. n. 228/12 (c.d. legge di stabilità 2013)

Il d.lgs. n. 159/11 procede a una ricognizione delle norme previgenti, regolamentando alcuni aspetti dell’amministrazione dei beni sequestrati.

In particolare, introduce, con numerosi limiti, la disciplina della tutela dei terzi coinvolti dal sequestro e dalla confisca di prevenzione[16]. La scelta consiste nel prevedere l’acquisto del bene, all’esito della confisca, libero da ogni gravame ma, contestualmente, si introduce un procedimento che, per soddisfare i creditori, consente anche la vendita dei beni, ivi compresi quelli immobili,

La l. n 228/12 (c.d. legge di stabilità 2013) opera, per quanto interessa, un duplice intervento[17]:

–          introduce un sistema per definire i gravami (ipoteche) che insistono su numerosi beni confiscati definitivamente, e che ne impediscono o rallentano la destinazione;

–          riconduce a unità la disciplina dell’amministrazione e della destinazione dei beni sequestrati e confiscati ai sensi dell’art. 12 sexies l. n. 356/92, cui si applicano le relative disposizioni previste dal d.lgs. n. 159/11.

 

3. L’ amministrazione dei beni immobili sequestrati (cenni)

L’amministrazione dei beni immobili si riferisce a situazioni estremamente diversificate ed è fortemente influenzata dalla presenza o meno di persone nell’immobile al momento dell’esecuzione del sequestro.

Se il  bene è occupato sulla base di un titolo che autorizza la prosecuzione della detenzione, come nel caso di titolari di diritti personali di godimento con titolo con data certa anteriore al sequestro, questi soggetti continuano nel rapporto, subentrando l’amministrazione giudiziaria nei medesimi diritti e doveri attribuiti al titolare formale.

Il comodatario proseguirà nel godimento del bene sulla base del titolo, ferma restando la facoltà dell’amministratore, previa autorizzazione del giudice delegato, di fare cessare il contratto applicando le disposizioni del codice civile.

Nel caso in cui l’immobile sia occupato dal proposto il tenore letterale dell’art. 21 d.lgs. n. 159/11 prevede lo sgombero trattandosi di soggetto che, a seguito del sequestro, è “privo di titolo”.

Il giudice delegato  può adottare nei confronti della persona sottoposta alla procedura e della sua famiglia, i provvedimenti previsti dall’art. 47 l. fall. «quando ricorrano le condizioni ivi previste» (art. 40, comma 2, d.lgs. n. 159/11).  Questa disposizione prevede la possibilità di concedere altre al sussidio, di cui già si è detto, l’assegnazione della “casa di proprietà” qualora  vengano a mancare al soggetto i mezzi di sussistenza.

Il beneficiario del decreto di assegnazione provvede, per espressa disposizione normativa che riconosce le prassi preesistenti, a sue cure alle spese e agli oneri inerenti l’unità immobiliare, con esclusione di ogni azione di regresso.

Qualora l’immobile sia occupato da familiari del proposto possono verificarsi diverse ipotesi:

–          se risulta esservi un comodato (risultante da titolo con data certa anteriore) si applicano le disposizioni relative al comodatario, previo rigoroso accertamento della non fittizietà e della buona fede. Allo stesso modo si procede se risulta un contratto di locazione con data certa anteriore;

–          se manca un titolo i familiari risultano occupanti senza titolo e si può procedere allo sgombero.

Nel caso di immobile occupato da terzi formali intestatari o familiari di questi si applicano i principi esposti per il proposto. Il decreto di sequestro comporta che il terzo formale intestatario sia ritenuto mero detentore per conto del proposto, perciò privo di titolo.

Se l’immobile è occupato da terzi privi di titolo  si procede allo sgombero, salvo che sia stipulato un contratto di locazione, con l’autorizzazione del giudice delegato, nei limiti sotto indicati.

Nel caso in cui l’immobile non sia occupato ovvero si liberi nel corso dell’amministrazione dovrà normalmente essere locato al fine di incrementare la redditività dei beni (S.C. sent. n.  9908/11).

La locazione è consentita al pari dell’immobile sottoposto a espropriazione immobiliare previa autorizzazione del giudice dell’esecuzione (art. 560, comma 2, c.p.c.).

Va sottolineato che le prassi vigenti indicano che solo di rado si provvede allo sgombero coattivo degli immobili nel corso del procedimento.

 

4. La destinazione dei beni  immobili confiscati

La destinazione dei beni immobili (cui segue la materiale consegna con apposito verbale e la successiva utilizzazione) assume diverse connotazioni secondo i beni coinvolti (art. 48, commi da 3 a 7, d.lgs. n. 159/11).

I  beni immobili possono avere diverse destinazioni:

a)      essere mantenuti al patrimonio dello Stato:

–          per finalità di giustizia, di ordine pubblico e di protezione civile e, ove idonei, anche per altri usi governativi o pubblici, connessi allo svolgimento delle attività istituzionali di amministrazioni statali, agenzie fiscali, università statali, enti pubblici e istituzioni culturali di rilevante interesse;

–          per essere utilizzati  dall’Agenzia  per  finalità economiche, previa autorizzazione del Ministro dell’interno. I proventi, al netto delle spese di conservazione e amministrazione,  saranno utilizzati per il potenziamento dell’Agenzia;

b)      essere trasferiti in via prioritaria, al patrimonio del Comune ove l’immobile è sito, ovvero al patrimonio della Provincia o della Regione per finalità istituzionali o sociali.

Gli enti locali possono:

–          amministrare il bene direttamente, anche consorziandosi, o attraverso associazioni che hanno anche finalità di lucro i cui proventi, però, devono essere reimpiegati esclusivamente per finalità sociali,

–          assegnare il bene ai seguenti soggetti:

  1. comunità, anche giovanili,
  2. enti,
  3. associazioni maggiormente rappresentative degli enti locali,
  4. organizzazioni di volontariato di cui alla legge 11 agosto 1991, n. 266, e successive modificazioni,
  5. cooperative sociali di cui alla legge 8 novembre 1991, n. 381, e successive modificazioni,
  6. comunità terapeutiche e centri di recupero e cura di tossicodipendenti di cui al testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti o sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza,
  7. associazioni ambientaliste riconosciute ai sensi dell’articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, e successive modificazioni.

Il procedimento di destinazione  è disciplinato minuziosamente per assicurare la rapida e trasparente utilizzazione.

A fini di pubblicità gli enti territoriali formano un elenco aggiornato dei beni loro trasferiti, contenente i dati dei beni, l’eventuale assegnazione (con i dati identificativi del concessionario e gli estremi, l’oggetto, la durata dell’atto di concessione), la loro destinazione.

La convenzione stipulata tra ente e assegnatario, nel rispetto dei principi di trasparenza, adeguata pubblicità e parità di trattamento, deve  prevedere  la concessione a titolo gratuito e  deve disciplinare la durata, l’uso del bene, le modalità di controllo sulla sua utilizzazione, le cause di risoluzione del rapporto e le modalità del rinnovo.

Qualora entro un anno l’ente territoriale non provveda alla destinazione del bene, l’Agenzia dispone la revoca del trasferimento ovvero la nomina di un commissario con poteri sostitutivi;

c)      essere dati in concessione «alle comunita’, agli enti, alle associazioni e alle organizzazioni» suindicate alla lett. b), col procedimento ivi previsto,  qualora abbiano «caratteristiche tali da consentirne un uso agevole per scopi turistici» attribuendo un titolo di preferenza alle cooperative o ai consorzi di cooperative sociali di giovani di eta’ inferiore a 35 anni. Per l’avvio e per la ristrutturazione a scopi turistici dell’immobile possono essere promossi dal Ministro per gli affari regionali, il turismo e lo sport accordi e convenzioni con banche ed istituti di credito per finanziamenti a condizioni vantaggiose  senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica (art. 56, comma 2, d.l. n. 5/12, conv. dalla l. n. 70/12);

d)      essere trasferiti  al patrimonio del comune ove l’immobile è sito, se confiscati per il reato di cui all’articolo 74 del DPR 309/90.  Il Comune può

–          amministrare direttamente il bene;

–          ovvero, preferibilmente, assegnarlo in concessione, anche a titolo gratuito ad associazioni, comunità o enti per il recupero di tossicodipendenti operanti nel territorio ove è sito l’immobile.

Qualora entro un anno l’ente territoriale non provveda alla destinazione del bene, l’Agenzia dispone la revoca del  trasferimento o la nomina di un commissario con poteri sostitutivi;

e)      essere venduti in limitate ipotesi:

–          qualora si debba procedere al risarcimento delle vittime dei reati di tipo mafioso;

–          quando non sia possibile effettuare la destinazione o il trasferimento per le finalità di pubblico interesse;

–          nelle ipotesi eccezionali previste dalle norme in materia di tutela ambientale e di sicurezza.

Il procedimento di vendita, particolarmente articolato, evidenzia che trattasi di ipotesi estremamente residuale:

–          l’osservanza, in quanto compatibili, delle disposizioni del codice di procedura civile, con avviso di vendita pubblicato nel sito dell’Agenzia e notizia nei siti dell’Agenzia del demanio e della Prefettura della provincia interessata;

–          la vendita per un corrispettivo non inferiore a quello determinato dalla stima. Qualora, entro novanta giorni dalla data di pubblicazione dell’avviso di vendita, non pervengano all’Agenzia proposte di acquisto per il corrispettivo sopraindicato, il prezzo minimo della vendita non può, comunque, essere determinato in misura inferiore all’80 per cento del valore della suddetta stima;

–          il diritto di opzione prioritaria sull’acquisto per il personale delle Forze armate e il personale delle Forze di polizia che possono costituire cooperative edilizie;

–          la prelazione all’acquisto per gli enti territoriali;

–          la vendita agli enti pubblici aventi tra le altre finalità istituzionali anche quella dell’investimento nel settore immobiliare, alle associazioni di categoria che assicurano maggiori garanzie ed utilità per il perseguimento dell’interesse pubblico e alle fondazioni bancarie;

–          il divieto di alienazione, anche parziale, per cinque anni dalla data di trascrizione del contratto di vendita;

–          la richiesta al prefetto della provincia interessata di un parere obbligatorio, sentito il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, e di ogni informazione utile affinché i beni non siano acquistati, anche per interposta persona, dai soggetti ai quali furono confiscati, da soggetti altrimenti riconducibili alla criminalità organizzata ovvero utilizzando proventi di natura illecita;

f)       essere distrutti o demoliti, nelle ipotesi eccezionali previste dalle norme in materia di tutela ambientale e di sicurezza, ovvero quando il bene sia improduttivo, oggettivamente inutilizzabile, non destinabile o non alienabile.

 

5. Il riutilizzo a fini sociali dei beni (immobili) confiscati

 

5.1. La legislazione italiana

L’exursus storico, in precedenza sintetizzato, ha già evidenziato che all’originaria funzione della confisca introdotta nel 1982 dalla legge Rognoni La Torre si è affiancata quella derivante dalla destinazione dei beni confiscati.

La l. n. 109/96 prevede il riutilizzo per fini sociali degli immobili confiscati definitivamente con l’obiettivo, non solo di espropriare i beni illecitamente accumulati dalle organizzazioni criminali, ma anche di restituirli alla collettività cui erano stati illegalmente sottratti. Anche per le aziende si prevedono finalità analoghe potendo essere affittate o concesse a cooperative per il migliore riutilizzo.

Dal 1996 la confisca di prevenzione, oltre a sottrarre alla persona pericolosa il bene illecitamente accumulato, diviene strumento di contrasto alle organizzazioni criminali anche perché si  afferma in modo concreto e visibile il principio di legalità nei luoghi in cui le mafie sono presenti, restituendo alla collettività i beni che costituiscono un’opportunità di sviluppo e di crescita.

Nel tempo si sono registrate numerose esperienze positive di riutilizzo a fini sociali di immobili confiscati, pur in presenza di numerose criticità, prime tra tutte la lentezza delle procedure (giudiziarie e) di destinazione dei beni  e la mancanza di risorse necessarie per il recupero dei beni, per l’avvio di attività produttive sui terreni e per il mantenimento in vita delle aziende[18].

Queste criticità costituiscono spesso “l’occasione” per proporre di ampliare la possibilità di vendere gli immobili confiscati, fino ad oggi in buona parte bloccate, proprio mentre l’esperienza italiana di riutilizzo a fini sociali dei beni confiscati è divenuta un punto di riferimento a livello europeo.

 

5.2. Gli interventi della Corte costituzionale e della Corte di Cassazione

Il principio guida della destinazione a fini sociali dei beni confiscati è stato  riconosciuto dalla Corte Costituzionale.

Con le sentenze 23.2.2012, n. 34 e 19.10.2012 n. 234 la Corte ha sottolineato che l’Agenzia nazionale è stata istituita (l. n. 50/10) per consentire «la più rapida ed efficace allocazione… al patrimonio dello Stato» dei beni confiscati, ovvero per trasferirli «per finalità istituzionali o sociali, a quello del Comune, della Provincia o della Regione in cui si trova l’immobile».

Per la Corte il principio ispiratore della destinazione dei beni confiscati va individuato nella «restituzione alle collettività territoriali – le quali sopportano il costo più alto dell’“emergenza mafiosa” – delle risorse economiche acquisite illecitamente dalle organizzazioni criminali». La confisca di prevenzione, diretta a «sottrarre definitivamente i beni di provenienza illecita al circuito economico di origine per inserirli in altro esente da condizionamenti criminali»[19], diviene, così, uno strumento fondamentale per contrastare l’azione delle organizzazioni mafiose, mirando a indebolire il loro radicamento sociale e a «favorire un più ampio e diffuso consenso dell’opinione pubblica all’intervento repressivo dello Stato per il ripristino della legalità».

Nel solco tracciato dalla Corte costituzionale si può collocare  la sentenza 7.5.2013 n. 10532 con cui le Sezioni Unite civili della Cassazione hanno offerto una prima interpretazione della l. n. 228/12 che, nei commi da 194 a 206 dell’art. 1, ha disciplinato una delle maggiori criticità che si frappongono alla destinazione a fini sociali degli immobili confiscati definitivamente: i gravami ipotecari.

L’articolata valutazione delle Suprema Corte è fondata su una convincente ricostruzione del quadro normativo e giurisprudenziale previgente e sulla valorizzazione della natura e degli effetti della confisca di prevenzione posta a «salvaguardia del preminente interesse pubblico» che «giustifica il sacrificio inflitto al terzo di buona fede, titolare di un diritto reale di godimento o di garanzia, ammesso, ora, a una tutela di tipo risarcitorio»[20]. La stessa Corte, a ulteriore conferma dell’effetto ablativo derivante dalla confisca, con estinzione di tutti i gravami che impedivano l’utilizzo a fini sociali delinea l’acquisto dello Stato del bene come a titolo originario.

 

5.3.  Le linee di tendenza dell’ordinamento internazionale

Mentre in Italia si  discuteva della vendita a privati dei beni immobili confiscati, in Europa di coglieva il dato innovativo del valore del riutilizzo a fini sociali. Dei beni

Il Parlamento europeo, dopo un primo sommario intervento[21], con la risoluzione del 25 ottobre 2011[22] ha affermato «che il riutilizzo a scopi sociali dei beni confiscati consente un approccio positivo alle strategie di contrasto, poiché il bene confiscato non viene più inteso solamente come una risorsa sottratta ad un’organizzazione criminale ma rappresenta un fattore doppiamente costruttivo, sia per ciò che attiene alla prevenzione del crimine organizzato sia per il suo effetto promotore di sviluppo economico e sociale».

Preso atto di tali fondamentali principi, mutuati dall’esperienza italiana, il Parlamento europeo ha invitato la Commissione «a sostenere e far propria l’improcrastinabilità di una legislazione europea sul riutilizzo dei proventi di reato a scopi sociali…».

Alla risoluzione del Parlamento europeo è seguita la proposta della Commissione di direttiva relativa al congelamento e alla confisca dei proventi di reato nell’Unione europea[23] che, però,  appare lacunosa perchè non prevede un riutilizzo dei beni a fini sociali, optando per un’ottica unicamente liquidatoria[24].

E’ auspicabile che la direttiva sia adottata raccogliendo i suggerimenti formulati dalla Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (Commissione LIBE) presso il Parlamento europeo con cui si propone, tra l’altro, l’introduzione, da parte degli Stati membri, di un’opportuna legislazione in ordine alla destinazione dei beni confiscati. In particolare si propone di prevedere  la «possibilità di utilizzo con finalità sociali dei beni confiscati», consentendo la vendita o il trasferimento nella fase di congelamento «solo se necessario» e dando priorità «all’assegnazione di tali beni a progetti di contrasto e di prevenzione della criminalità, nonché ad altri progetti di interesse pubblico e di utilità sociale».

Recentemente (in data 17 settembre 2013) la Commissione CRIM  (sul crimine organizzato, la corruzione e il riciclaggio di denaro) del Parlamento europeo ha approvato il testo della Relazione  sulle linee guida per un piano di contrasto globale delle mafie, delle organizzazioni criminali, della corruzione e del riciclaggio di denaro che sarà esaminata dal Parlamento nel mese di ottobre.

Al punto 21, Combattere e prevenire le attività del crimine organizzato e la corruzione, aggredendone proventi e patrimoni,  si prevede: «per quanto riguarda la confisca, invita gli Stati membri, sulla base delle legislazioni nazionali più avanzate, a prendere in considerazione l’applicazione di modelli di confisca dei beni nel quadro del diritto civile, nei casi in cui, in base a sufficienti margini di probabilità e previa autorizzazione di un giudice, può essere stabilito che i beni derivano da attivita criminali o sono utilizzati per attivita criminali; ritiene che possano essere previsti modelli di confisca preventiva a seguito di una decisione del giudice, nel rispetto delle garanzie costituzionali nazionali e fatti salvi il diritto di proprietà e il diritto di difesa; esorta inoltre gli Stati membri a promuovere l’utilizzo dei patrimoni criminali per fini sociali; suggerisce l’attivazione di fondi per il finanziamento di interventi a tutela dei beni al fine di preservarne l’integrità».

 

6. I dati relativi agli immobili confiscati. Le criticità dell’amministrazione e della destinazione (cenni)

Nella relazione redatta per l’anno 2012 dall’Agenzia nazionale sono contenuti numerosi dati relativi ai beni confiscati definitivamente.

Alla data dell’1 gennaio 2013 risultano 11.238 beni immobili confiscati definitivamente, di cui il 44,6% in Sicilia.

Il totale degli immobili destinati è consegnati è di 5.859, l’87,03%  trasferito al patrimonio indisponibile degli enti territoriali quasi per la totalità coincidenti con i comuni (5.010) in cui si trovano i beni. L’11,03% è stato destinato alle forze dell’ordine, vigili del fuoco e capitanerie di porto ed il restante 1,94% a ministeri ed altri enti.

Il 36,87% dei beni immobili consegnati e trasferiti al patrimonio indisponibile degli enti territoriali è stato destinato a finalità sociali. Significativa anche la quota destinata ad associazioni (18,35%) e alloggi per indigenti (14,68%). Il restante 30,11% è stato destinato a fini istituzionali (sicurezza e soccorso pubblico, uffici e scuole).

Sempre dalla Relazione dell’Agenzia nazionale emerge che «Con riferimento ai beni immobili, come noto, le principali criticità difficoltà alla loro destinazione derivano si riscontrano, oltre che nell’esistenza dei gravami ipotecari e dalle confische in quota indivisa, anche dal pessimo stato di manutenzione in cui spesso si trovano  i cespiti sottratti alla criminalità organizzata».

Si precisa che Sugli immobili in gestione (3.995) 2.819 sono gravati da una o più criticità. Le criticità numericamente più significativa è rappresentata dalle presenza di ipoteche (1666)

Gli immobili in gestione con gravami certi sono 1.556:

  • 1.065 con ipoteche volontarie
  • 343 con ipoteche giudiziali
  • 59 con ipoteche legali
  • 76 con pignoramenti
  • 13 altro

Si può ragionevolmente ritenere che la gran parte dei beni confiscati definitivamente siano pervenuti allo Stato all’esito di procedimenti di prevenzione, pur se negli ultimi anni sono incrementati esponenzialmente i sequestri penali ex art. 12 sexies d.l. n. 306/92 cit.[25]

In seguito si procederà a un esame più puntuale delle criticità.

 

7. Un “falso” problema: la vendita dei beni immobili

Periodicamente si propone la vendita a privati dei beni confiscati, essendo già prevista la vendita (residuale) a determinati soggetti (individuati nell’art. 48 d.lgs. n. 159/11), all’esito dell’apposito procedimento.

Recentemente è stata evitata l’estensione della vendita ai privati, prevista da un emendamento presentato alla legge di stabilità 2013. Mentre era in fase avanzata al Senato la discussione della c.d. legge di stabilità e quando era noto  che il testo approvato (senza modifiche) dalle commissioni sarebbe confluito in un “maxiemendamento” rapidamente approvato dall’aula e, poi, dalla Camera, veniva presentato un emendamento governativo contenente alcune importanti modifiche al d.lgs. n. 159/11 e in materia di Agenzia nazionale[26].

I tempi assai ristretti e le difficoltà di apportare modifiche al testo proposto si ponevano in contrasto con gli impegni assunti dal Governo sull’opportuna interlocuzione con gli operatori e le associazioni del settore e, soprattutto, rischiava di fare approvare disposizioni contenenti incongruenze, così come già avvenuto col d.lgs. n. 159/11. Nonostante i tempi estremamente contenuti si sviluppava nelle commissioni un serrato dibattito[27] che consentiva di apportare alcune modifiche alle proposte del Governo, tra cui l’eliminazione della vendita dei beni ai privati.

Fermo restando il valore della funzione sociale dei beni immobili confiscati il problema va correttamente inquadrato.

Vanno contrastate le tesi che mirano a “fare cassa” con la vendita dei beni, trattandosi di posizione arretrata culturalmente che  non tiene neanche conto della difficoltà di vendere “a terzi” i beni confiscati alle mafie, tendendo queste a riappropriarsene.

Peraltro, la vendita degli immobili è stata progressivamente introdotta nella nostra legislazione:

–         in favore di determinati soggetti, oggi previsti dall’art. 48 d.lgs. n. 159/11, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge finanziaria 2010;

–         per soddisfare i creditori in forza del d.lgs. n. 159/11 (vendita a privati);

–          per soddisfare i creditori in buona fede (titolari di ipoteche) ai sensi della l. n. 228/12.

L’esperienza di questi anni dimostra che il valore dell’uso sociale dei beni immobili confiscati non è modificabile, potendo considerarsi ogni bene destinato un vero e proprio “avamposto” della legalità, in particolare nelle zone a più alta concentrazione criminale.

 

8. L’esame delle criticità: interventi di carattere generale

Prima  di proporre specifiche modifiche normative dirette a eliminare o ridurre le criticità, è opportuno accennare ad alcuni provvedimenti strutturali utili in un “approccio” complessivo.

 

L’accelerazione dei procedimenti giudiziari

Un celere procedimento patrimoniale è necessario non solo per salvaguardare i diritti di coloro ai quali il bene sarà restituito in caso di revoca del sequestro, ma anche per ottenere un bene confiscato definitivamente rapidamente (per l’utilizzo a fini sociali) e, soprattutto, per ridurre le criticità che si manifestano proprio a causa del decorso del tempo.

Gli immobili si possono deteriore se non mantenuti e non occupati.

E’ nota la durata del procedimento di prevenzione patrimoniale (mediamente 6-7 anni), che non è destinata a diminuire significativamente per i termini massimi fissati per la definizione (tra primo e secondo grado 5 anni, oltre le cause di sospensione e il giudizio di Cassazione); così come la lunghezza del procedimento penale.

La durata dei procedimenti non è, ovviamente, modificabile con interventi normativi, ma strutturali che richiedono una “seria” volontà “politica” con investimenti che, anche in un’ottica aziendalistica, avrebbero ricadute economiche positive in considerazione, tra l’altro, della più rapida acquisizione del bene da parte dello Stato e del risparmio dei costi per l’amministrazione, durante il sequestro e, comunque, prima della destinazione definitiva.

E’, comunque, possibile intervenire con proposte praticabili, che costituirebbero il giusto riconoscimento alla migliore e più celere trattazione dei procedimenti di prevenzione[28]:

a)      l’estensione ai procedimenti di prevenzione patrimoniali della disciplina sulla trattazione prioritaria dei processi (penali) di cui all’art. 132 bis disp. att. c.p.p. oltre che dei processi penali con sequestri ex art. 12 sexies l. n. 356/92;

b)      la trattazione dei procedimenti di prevenzione patrimoniale da parte di sezioni o collegi specializzati.

 

L’ uniforme disciplina del sequestro e della confisca di prevenzione ed ex art. 12 sexies l. n. 356/92

E necessario unificare la disciplina in materia di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati in sede di prevenzione e ai sensi dell’art. 12 sexies l. n. 356/92, per la quale già emerge una chiara linea di tendenza del legislatore.

La “riscrittura” dell’art. 12-sexies, c. 4-bis, da parte della l. n. 228/12, oltre a unificare la disciplina per i delitti previsti dai commi precedenti, richiama (non più le norme della l. n. 575/65, ma) «le disposizioni in materia di amministrazione e destinazione dei beni sequestrati e confiscati previste» dal d.lgs. n. 159/11.

Se la nuova disposizione risolve molti problemi interpretativi, lascia ancora aperta quello  dell’applicabilità della disciplina in materia di tutela dei terzi (art. 52 e ss.) e delle disposizioni a queste direttamente collegate[29], pur se un’interpretazione costituzionalmente orientata, diretta ad evitare profili di ingiustificata disparità di trattamento tra beni sequestrati in sede di prevenzione e penale, induce a propendere per l’applicabilità delle disposizioni del d.lgs. n. 159/11.

Un intervento normativo risolverebbe la questione, pur nella consapevolezza della imposizione di plurimi adempimenti in capo al giudice che ha disposto il sequestro penale (di norma il giudice per le indagini preliminari), meno aduso alla pratica di istituti di più agevole pratica da parte del giudice delegato dal Tribunale misure di prevenzione.

D’altra parte la concentrazione in capo al giudice che ha disposto il sequestro dell’attività di amministrazione rende più agevole tali adempimenti

Anche per la disciplina  introdotta dalla l. n. 228/12 dovrebbe prevedersi espressamente l’applicabilità alle confische relative a procedimenti iniziati prima del 13 ottobre 2011[30].

 

Un’Agenzia Nazionale con struttura, organico e “mentalità” idonei ad assicurare l’adempimento dei gravosi compiti previsti[31]

Si è ricordato che l’Agenzia, deve “prendere in carico” il bene fin dal momento del sequestro e successivamente amministrarlo direttamente, collaborando con il giudice delegato o con il giudice penale  anche nell’individuazione delle migliori scelte gestionali, nonché del miglior utilizzo e della corretta destinazione per la fase successiva alla confisca definitiva.

Particolarmente utile dovrebbe essere il ruolo dell’Agenzia proprio con riferimento ai beni che presentano le maggiori criticità, a partire dalle aziende e dai beni immobili con problematicità.

Fino alla data del 15 marzo 2012 l’Agenzia era titolare di competenze dirette esclusivamente con riferimento alla destinazione dei beni definitivamente confiscati. Con l’entrata in vigore dei regolamenti dell’Agenzia, in data 15 marzo 2012, sono divenute operative le disposizioni in materia di sequestro (e fino alla confisca definitiva) già esposte, tutte di fondamentale importanza perché dirette ad  assicurare un’efficace e tempestiva destinazione dei beni dopo la confisca definitiva.

L’effettivo e utile esercizio delle competenze in questa fase consente una rapida destinazione del bene confiscato, risolvendo “a monte” le criticità evidenziate in quanto  l’immediata presa in carico del bene sequestrato, la conoscenza dell’evoluzione dell’amministrazione sollecitando i dovuti interventi, la successiva effettiva amministrazione diretta (semmai attraverso proprio personale) consente all’Agenzia di assolvere il compito per cui è stata istituita.

Un’effettiva e non burocratica conoscenza e amministrazione dei beni consente all’Agenzia non solo di “supportare” il giudice, in particolare quello penale più impegnato in altri compiti e “meno specializzato”, ma anche di colmare in prospettiva molteplice criticità.

Va evidenziato il prevedibile aumento esponenziale del carico di lavoro gravante sull’Agenzia.

In primo luogo è venuto meno lo “scudo” rappresentato dalla disciplina transitoria. Pertanto per i sequestri adottati per i procedimenti di prevenzione la cui proposta è intervenuta dal 15 marzo 2012, ovvero per quelli adottati nei procedimenti penali iscritti nel Registro notizie di reato dal 15 marzo 2012, l’Agenzia:

–          da subito, prende in carico il sequestro, col compito di coadiuvare il giudice;

–           dalla confisca di prevenzione di primo grado o dalla conclusione dell’udienza preliminare deve amministrare direttamente i beni.

L’incremento del carico di lavoro dell’Agenzia deriverà anche da altre ragioni[32]:

–          l’aumento delle misure patrimoniali di prevenzione su istanza delle Procure circondariali[33];

–          l’attribuzione all’Agenzia delle competenze in ordine ai sequestri e alle confische per i delitti previsti dall’art. 12 sexies cit., diversi da quelli di cui all’art. 51 comma 3 bis c.p.p. (usura, estorsione, reati contro la PA etc.) a seguito delle (opportune) modifiche disposte dalla l. n. 228/12, tutti di competenza delle Procure circondariali.

In conclusione sta aumentando (e aumenterà ulteriormente) il numero dei sequestri di prevenzione e penali in cui interviene l’Agenzia, così come la loro diffusione sul territorio

 

Rinviando a quanto già esposto in altra sede[34] va sottolineato che L’esperienza di questi anni dimostra che per avere un’Agenzia efficiente occorre:

–          predisporre una struttura agile e in grado di agire con tempestività,

–          acquisire professionalità idonee,

–          programmare adeguatamente nel tempo le linee di azione per evitare discontinuità,

–          approvare le linee guida col coinvolgimento del mondo dell’associazionismo, in funzione di garanzia della trasparenza delle scelte,

–          creare un costante contatto con la magistratura e con le associazioni del settore,

–          garantire trasparenza e pubblicità nelle destinazioni e assegnazioni dei beni,

Le competenza dell’Agenzia, a partire dai compiti di ausilio all’Autorità Giudiziaria nella fase del sequestro, richiedono interventi agili, e il coinvolgimento di organi pubblici, istituzioni e professionalità riferibili a diversi settori: Ministero dell’Interno, della Giustizia, dell’Economia, dello Sviluppo Economico, della Coesione Territoriale, Autorità giudiziarie, etc.

In tale contesto sarebbe più utile e funzionale la collocazione istituzionale dell’Agenzia nazionale, come da tempo proposto, sotto la vigilanza della Presidenza del Consiglio con la conseguente scelta del Direttore (così come avveniva per il soppresso commissario) nell’ambito di una più ampia platea di soggetti.

La composizione del Consiglio Direttivo  dovrebbe assicurare una più ampia partecipazione di soggetti con competenze nei diversi ambiti di riferimento che intervengono nelle fasi interessate.

 

9. L’esame delle criticità: gli specifici interventi

 

9.1. Per un corretto approccio alle criticità

La  “necessaria” destinazione a fini sociali degli immobili, pur tra le criticità evidenziate, ha consentito esperienze positive che incidono positivamente sul piano culturale  e di sensibilizzazione ai valori della legalità.

Un serio intervento sulle criticità richiede un esame che affronti le diverse problematiche, nel tentativo di prevenirle.

Si sono già indicati alcuni interventi “strutturali” altri ne sono possibili, avendo chiari i diversi regimi normativi oggi esistenti (tra confisca di prevenzione e confisca ex 12 sexies):

a)      applicabilità del d.lgs. n. 159/11 (procedimenti iniziati dopo il 13 ottobre 2011);

b)      applicabilità della l. 228/12 (ovvero delle interpretazioni giurisprudenziali), per i procedimenti iniziati prima del 13 ottobre 2011 (sia nel caso di confisca già definitiva, sia di confisca che diverrà definitiva in futuro).

 

9.2. Deterioramento del bene, manutenzione, rilascio dell’immobile

Occorre un approccio che esamini le diverse criticità, spesso tra loro collegate.

E’ necessario assicurare l’immediato utilizzo del bene sgomberato (per evitare i danneggiamenti e le spese di manutenzione) ed evitare i ritardi della  destinazione finale derivanti dalla presenza di persone da sgomberare.

In linea generale, anche per i sequestri in atto, è necessario:

–          “conoscere” il bene fin dal momento del sequestro;

–          predisporre lo sgombero, già previsto dalle norme vigenti (art. 21) -nei confronti di proposto, familiari, terzi intestatari, occupanti senza titolo- programmando l’immediata occupazione da parte di altro soggetto (ovviamente estraneo al proposto o ai terzi intestatari) nel corso del procedimento, possibilmente in vista della destinazione finale (incentivando in tal senso la disponibilità di enti locali, associazioni, etc.), così evitando inutili sgomberi, possibili occupazioni, spese di manutenzione, danni all’immobile;

–          assoggettare il titolo eventualmente attribuito al “terzo estraneo” (locazione o comodato gratuito) al termine risolutivo della confisca definitiva[35], pur se potrà poi seguire la destinazione e l’assegnazione;

–          ritenersi  revocati di diritto non oltre la confisca di secondo grado eventuali provvedimenti che consentano l’utilizzo dell’immobile da parte del proposto (o dei terzi intestatari) ex art. 40, comma 2, d.lgs. n. 159/11;

–          assicurare l’effettivo sgombero dell’immobile da parte del proposto e dei terzi non oltre la confisca definitiva;

Tutte le questioni relative alla liberazione dell’immobile (sgombero o rilascio nel caso di titolari di diritti reali di godimento di cui si dirà oltre) vanno risolte nell’ambito del procedimento (di prevenzione o penale), con la conseguente competenza del giudice delegato (o del Tribunale di prevenzione) o del giudice penale del sequestro, i cui provvedimenti sono opponibili con incidente di esecuzione e ricorso per Cassazione.

Sarebbe utile intervenire anche sulle confische ormai definitive  attribuendo la competenza al giudice dell’esecuzione (penale o di prevenzione).

Per i titolari di diritti reali e personali di godimento:

  1. il d.lgs. 159/11 prevede un’apposita disciplina in ordine all’estinzione del diritto e al suo indennizzo (art. 52, co. 4 e 5). E’ opportuno prevedere per la locazione (il principale caso di diritto personale di godimento) che l’amministratore eviti la proroga del contratto, così come nel caso di comodato gratuito (qualora non si tratti di rapporti fittizi, perciò equiparati agli occupanti senza titolo).

In ogni caso è opportuno riportare le relative questioni nell’ambito dell’amministrazione, evitando l’inutile citazione prevista dall’art. 23, comma 4 C.A.

  1. con riferimento ai procedimenti non disciplinati dal d.lgs. n. 159/11 non sembra necessario introdurre regolamentazioni, operando i principi giurisprudenziali precedenti (con l’estinzione dei relativi diritti) .

 

9.3. I beni in comunione       

Per i procedimenti disciplinati dal d.lgs. n. 159/11[36], l’art. 55 del d.lgs. n. 159/11 prevede un meccanismo che consente la cessione al comproprietario in ogni caso, indipendentemente dalla entità della quota. La norma va modificata prevedendo almeno l’acquisizione del bene allo Stato nel caso di quota maggioritaria ovvero, comunque, nel caso di un prevalente interesse pubblico, compensando i costi con le eventuali (e discrezionali) cessioni di quote minoritarie[37].

In ogni caso va esclusa la citazione obbligatoria dei comproprietari prevista dall’art. 23, comma 2, d.lgs. n. 159/11.

Per i procedimenti precedenti all’entrata in vigore del d.lgs. n. 159/11 già confiscati definitivamente ovvero che lo saranno in futuro, potrebbe prevedersi un analogo meccanismo, facendo sempre prevalere l’interessa all’acquisto dell’intero da parte dello Stato in presenza di quote maggioritarie o di rilevante interesse.

 

9.4. Gli immobili abusivi

La criticità derivante dagli eventuali abusi edilizi realizzati sull’immobile ovvero con l’edificazione dell’intero o parte dell’immobile sono oggi affrontati dall’art. 51, comma 3-ter, d.lgs. n. 159/11, come opportunamente introdotto dalla l. n. 228/12.

L’amministratore giudiziario, con la prima relazione  ha l’onere di verificare eventuali “problemi” che gravano sull’immobile, ivi comprese irregolarità o abusi edilizi (art. 36 d.lgs. n. 159/11).

Solo parte di questi abusi si può regolarizzare nel corso dell’amministrazione, pur se va privilegiata, se possibile, tale soluzione.

In ogni caso oggi dopo la confisca definitiva vi è un ampio potere dell’Agenzia nazionale, senza onere alcuno (costo di costruzione, sanzioni, etc.).

L’adeguata conoscenza dei beni, fin dal sequestro, consente, come è evidente, all’Agenzia di programmare la sanatoria e ottenerla subito dopo la confisca definitiva, così evitando inutili ritardi.

Potrebbe prevedersi un ampliamento delle possibilità di sanatoria, anche in deroga agli strumenti urbanistici in presenza di prevalenti interessi pubblici, con l’ovvio limite dei vincoli di in edificabilità assoluta.

 

9.5. La “storica”criticità delle ipoteche

Il tema dei gravami ipotecari viene indicato come una delle principali cause di mancata destinazione dei beni immobili.

Al fine di individuare gli opportuni interventi è necessario un cenno all’attuale normativa, oggetto di plurimi interventi, da ultimo con la l. n. 228/12[38].

I procedimenti per i quali si applica il Codice Antimafia.

Il d.lgs. n. 159/11 delinea un innovativo sistema che tende a conciliare la tutela dei terzi con l’interesse dello stato all’ablazione dei patrimoni illecitamente accumulati evitando possibili elusioni.

Il sistema può essere così sintetizzato.

La devoluzione allo Stato del bene confiscato, privo di oneri e pesi, prevista dall’art. 45, comma 1, comporta la risoluzione all’interno del procedimento di prevenzione di tutte le “vicende” che riguardano il bene acquisito dallo Stato al fine di acquisirlo depurato “di qualsiasi problematica” che potrebbe comportare oneri o spese. Sono, perciò, affrontati e risolti nell’ambito del  procedimento di prevenzione o del sub procedimento appositamente introdotto, le problematiche relative a diritti di credito, diritti reali di garanzia, diritti reali o personali di godimento, diritti derivanti da azioni trascritte anteriormente su beni immobili (relative alla proprietà o a diritti reali o personali di godimento); per soddisfare tali diritti, se necessario, il bene viene venduto[39].

Si esclude la definitiva devoluzione allo Stato solo di una quota di proprietà sui beni, prevedendo la divisione, se possibile, ovvero, alternativamente, la prelazione in favore del comproprietario, la vendita, ovvero in alcuni casi, l’acquisto da parte dello Stato (art. 52, comma 7, CA).

La sospensione delle azioni esecutive e la loro estinzione all’esito della confisca discende dalla tutela attribuita ai terzi nell’ambito del procedimento di prevenzione. Per la stessa ragione è introdotto il divieto di intraprendere azioni esecutive sui beni sequestrati (art. 55 CA).

I diritti dei terzi e la loro buona fede sono entrambi accertati in alcuni casi nel procedimento funzionale alla confisca, in altri casi nell’apposito procedimento di  verifica dei crediti (artt. 24 e 52 ).

Il pagamento delle somme dovute ai terzi avviene al termine di un apposito procedimento nel corso del quale si possono anche vendere i beni confiscati per soddisfare i creditori (artt. da 57 a 61).

All’esito della confisca definitiva il bene immobile perverrà (se non venduto per pagare i creditori ) libero da qualunque gravame (anche ipotecario) in quanto i diritti dei creditori (non solo titolari di diritti reali di garanzia) saranno soddisfatti nel limite del 70% del valore dei beni (art. 53), previo riconoscimento dei presupposti previsti (art. 52), tra cui la buona fede nella concessione del credito. Tali diritti saranno soddisfatti attraverso l’utilizzo delle somme di danaro confiscate (ivi comprese quelle derivanti da cessione di titoli) ovvero ricavate dalla vendita dei beni confiscati: beni mobili, beni mobili registrati, aziende, beni immobili (art. 60).

Sarebbe opportuno intervenire su più disposizioni:

a)      art. 52, inserendo, in stretto parallelismo col disposto della l. n. 228/12, che il decreto con cui sia stata rigettata definitivamente  la richiesta di riconoscimento della buona fede dell’istituto bancario nella concessione del credito, sia comunicato, ai sensi dell’art. 9 d.lgs. n.  231/07, alla Banca d’Italia[40].  Il mancato accertamento della buona fede comporta la violazione di norme e prassi bancarie da parte dell’istituto di credito che potrà essere assoggettato ad ulteriori provvedimenti da parte dell’Istituto di vigilanza.

La norma è quanto mai opportuna essendo stato accertato dai Tribunali più volte l’assenza della buona fede degli Istituti di credito, oltre che talvolta una concessione del credito “non pienamente trasparente”.

b)      art. 53, laddove non prevede, in evidente violazione della delega[41], il soddisfacimento dei diritti terzi nei limiti del valore dei beni e non nel limite del 70 per cento del valore dei beni sequestrati al netto delle spese del procedimento, in cui vanno ricomprese le spese relative al sub procedimento di riconoscimento del credito;

c)      art. 57, comma 2, prevedendo che il procedimento di verifica dei crediti inizi non prima della confisca di primo grado (o, meglio, dopo la confisca definitiva), evitando inutili procedimenti destinati a venire meno nel caso di revoca del sequestro;

d)     art. 60, prevedendo, comunque, che l’eventuale vendita dei beni per soddisfare i creditori avvenga solo dopo la confisca definitiva[42].

In via prioritaria, comunque, va sottolineato il concreto rischio di una vendita indifferenziata di beni immobili con frustrazione della finalità sociale della loro destinazione. Occorre una seria riflessione, prevedendo diversi meccanismi che salvaguardino il bene immobile, pur nel legittimo diritto dei creditori in buona fede alla soddisfazione del credito.

Si potrebbe prevedere, ad esempio:

–           la vendita prioritaria dei beni mobili, mobili registrati, delle aziende;

–          il prelievo delle somme da un apposito capitolo del FUG (compensabile con le somme confiscate in altro procedimento), conservando  così l’immobile. In ogni caso appare irrazionale e controproducente consentire la vendita di immobili (semmai di valore elevato) per pagamenti anche di importi limitati solo perché nell’ambito di quel procedimento non vi sono beni di altra natura confiscati.

 

Procedimenti per i quali non si applica il Codice Antimafia; la l. n.  228/12

Il rapido intervento delle Sezioni Unite civili della Suprema Corte (sentenza n. 10532/13) consente di delineare (sinteticamente) la nuova disciplina introdotta dalla l. n. 228/12 (come interpretata)  e qualche opportuna “correzione”, suggerita in parte anche dalla Sezioni Unite.

L’ambito della nuova disciplina.

 La nuova normativa interessa, dalla data di entrata in vigore della l. n. 228/12, fissata all’1 gennaio 2013, i beni confiscati all’esito dei procedimenti di prevenzione per i quali non si applica la disciplina dettata dal libro 1 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159 (comma 194), sempre che   il bene non sia stato già trasferito o aggiudicato, anche in via provvisoria, ovvero quando è costituito da una quota indivisa già pignorata (comma 195); in quest’ultima caso, comunque, si applica il limite del 70 per cento del valore del bene (comma 196), evidentemente al netto delle spese[43].

Secondo la Corte la l. n. 228/12, nei commi da 194 a 205, introduce «una disciplina tendenzialmente organica diretta a disciplinare i rapporti tra creditori ipotecari e pignoranti con riferimento alle procedure di confisca non soggette al “codice delle misure di prevenzione” d.lgs. n. 159/11, entrato in vigore il 13 ottobre 2011. La nuova disciplina, quindi, si applica alle misure di prevenzione disposte dopo tale data»[44].

Per effetto della nuova disciplina, applicabile ai procedimenti incorso[45]:

a)      gli oneri e pesi iscritti o trascritti sui beni su indicati anteriormente alla confisca sono estinti di diritto (comma 197).

L’espresso riferimento alla estinzione di diritto degli «oneri e pesi iscritti o trascritti sui beni di cui al comma 194 anteriormente alla confisca» dimostra la volontà del legislatore di risolvere nell’ambito del procedimento di tutela delineato (e nei limiti previsti) l’effetto acquisitivo sui terzi con riferimento ai beni confiscati in sede di prevenzione.

Si tratta di una disposizione analoga a quella contenuta nell’art. 45 d.lgs. n. 159/11 che, con  le medesime finalità, prevede  che «A seguito della confisca definitiva di prevenzione i beni sono acquisiti al patrimonio dello Stato liberi da oneri e pesi».

Sulla natura dell’acquisto le Sezioni Unite non si esprimono con una espressa terminologia. Non è mai menzionato l’acquisto a titolo originario, pur se gli effetti che si fanno scaturire e l’iter argomentativo non sembrano lasciare dubbi di ordine definitorio;

b)      non possono essere iniziate o proseguite, a pena di nullità, azioni esecutive (comma 194).

Le Sezioni Unite escludono che la sospensione delle azioni esecutive derivi dal solo sequestro.

Pur non condividendosi la conclusione appare necessario un intervento normativo[46].

Pur se considerazioni in diritto potrebbero portare a una diversa conclusione[47], l’accoglimento della tesi delle Sezioni Unite comporterebbe l’effetto di stimolare (per le confische non definitive alla data dell’1 gennaio 2013) un’inammissibile “corsa” all’aggiudicazione o al trasferimento del bene nel corso dell’espropriazione  sul bene immobile sequestrato nel tentativo di giungervi prima della confisca definitiva e, così, non dovere fornire la prova della buona fede e degli altri presupposti richiesti (nel caso di confisca definitiva).

Deve, dunque, intervenirsi sull’art. 1, comma 198, l. n. 228/12 prevedendosi inequivocabilmente anche la sospensione delle azioni esecutive mobiliari[48].

I soggetti legittimati all’azione sono individuati (comma 198):

–          nei creditori muniti d’ipoteca iscritta sui beni anteriormente alla trascrizione del sequestro di prevenzione;

–          nei creditori che prima della trascrizione del sequestro di prevenzione hanno trascritto un pignoramento sul bene;

–          nei creditori che alla data dell’1 gennaio 2013 (entrata in vigore della legge) sono intervenuti nell’esecuzione iniziata con il pignoramento di cui supra 2).

Vi è, dunque, un ampliamento dei creditori “tutelati” essendo riconosciuta tutela anche ai creditori supra nn. 2) e 3).

I presupposti per il riconoscimento del credito sono quelli previsti dall’art. 52 d.lgs. n. 159/11.

I limiti del riconoscimento del diritto sono fissati nel minor importo tra il 70 per cento del valore del bene e il ricavato dall’eventuale liquidazione dello stesso bene (commi 203 e 206), in stretto parallelismo col disposto dell’art. 57 d.lgs. n. 159/11 che prevede un analogo limite.

I termini per agire sono fissati, a pena di decadenza, in 180 giorni decorrenti:

–          dall’entrata in vigore della legge (1 gennaio 2013), per le confische definitive a questa data; pertanto il termine scade il 29 giugno 2013, essendo fissato in giorni e non in mesi (comma 199);

–          dalla definitività per le confische successive  (comma 205).

Le modalità della richiesta del creditore sono quelle previste dall’articolo 58, comma 2, d.lgs. n. 159/11.

La competenza è attribuita al giudice dell’esecuzione presso il tribunale che ha disposto la confisca (comma 199), da individuarsi nel Tribunale (sezione misure di prevenzione) che ha pronunciato la confisca.

Il procedimento giudiziario, recependo il condivisibile orientamento giurisprudenziale, è quello previsto dall’art 666 c.p.p.

Il provvedimento del Tribunale consiste in un duplice provvedimento (comma 200):

(a) l’accertamento dei presupposti previsti dall’art. 52 d.lgs. n. 159/11;

(b) l’accertamento della sussistenza e dell’ammontare del credito.

Il provvedimento, la cui efficacia non è sospesa dall’eventuale ricorso per Cassazione, è comunicato immediatamente all’Agenzia nazionale.

Il procedimento di liquidazione del credito è minuziosamente disciplinato. Decorsi dodici mesi dalla scadenza. del termine per la proposizione dell’istanza (in precedenza ricordato) l’Agenzia nazionale:

1) individua beni dal valore di mercato complessivo non inferiore al doppio dell’ammontare dei crediti ammessi (comma 201);

2) procede alla liquidazione dei beni con le modalità di cui agli articoli 48, comma 5, e 52, commi 7, 8 e 9 d.lgs. n.159/11 (comma 201). I beni residui possono essere destinati, assegnati o venduti ai sensi dell’art. 48 d.lgs. n. 159/11 (comma 201);

3) versa il ricavato della liquidazione al Fondo unico giustizia e destinato a gestione separata per il tempo necessario alle operazioni di pagamento dei crediti (comma 202);

4) terminate le operazioni, per ciascun bene, anche se non sottoposto a liquidazione:

– individua i creditori con diritto a soddisfarsi sullo stesso,

– forma il relativo piano di pagamento,

– comunica il piano di pagamento ai creditori interessati con lettera raccomandata con avviso di ricevimento o a mezzo di posta elettronica certificata,

– procede ai pagamenti nell’ordine indicato dall’articolo 41, commi 2 e 3, d.lgs. n. 159/11, ponendo le somme a carico della gestione separata di cui al comma 202. Ciascun piano non può prevedere pagamenti complessivi superiori al minor importo tra il 70 per cento del valore del bene e il ricavato dall’eventuale liquidazione dello stesso.

Le somme della gestione separata che residuano dopo le operazioni di pagamento dei crediti, affluiscono, al netto delle spese sostenute, al Fondo unico giustizia (comma 204).

 

Le innovazioni  introdotte dalla legge di stabilità costituiscono una opportunità per risolvere lo storico problema delle ipoteche che bloccano la destinazione di numerosi beni immobili.

Liberati ex lege i beni dalle ipoteche, e imposto ai  creditori di attivare il procedimento di riconoscimento della buona fede entro il 29 giugno 2013 (per le confische già divenute definitive all’1 gennaio 2013), il “quadro di riferimento” può essere così delineato:

–          sono ormai destinabili i beni per i quali non è stata avanzata istanza (salvo quanto si dirà oltre);

–          l’entità delle somme richieste dai creditori è noto (rilevandosi dall’esame delle richieste avanzate)

–          i dati notori sull’esito dei procedimenti di riconoscimento dei crediti già svoltisi (sulla base dei principi previgenti, trasfusi in questa parte nella l. n. 228/12), in gran parte conclusisi con il rigetto della richiesta, consente di evitare di “riservare” alla vendita, come previsto attualmente, un numero eccessivo di beni;

–          la probabile entità limitata degli importi da pagare all’esito dei giudizi consente di prevedere che si provveda con fondi appositamente stanziati da alcune Regioni o col  prelievo da somme definitivamente confiscate (presenti nel FUG).

Quanto alle confische ex art. 12 sexies relative a procedimenti iniziati prima del 13 ottobre 2011, pur se non si condivide l’interpretazione della Corte per cui sarebbe esclusa la regolamentazione di queste ipotesi, è opportuna una normativa che preveda espressamente l’applicabilità della disciplina della legge di stabilità.

 

10.  Le risorse: l’istituzione di fondi finalizzati, il Fondo Unico giustizia

Nel corso del procedimento giudiziario le questioni di rilievo economico-patrimoniale relative ai beni immobili sono (e vanno) risolte in gran parte nell’ambito dello stesso procedimento in quanto le spese “straordinarie” necessarie sono coperte dalle somme sequestrate al medesimo “proprietario” ovvero ricavate dalla gestione di tali beni (art. 42, commi 1 e 2, d.lgs. n. 159/11 e D.M. 30 luglio 2009 sull’utilizzo del FUG) ovvero  “sono anticipate dallo Stato, con diritto al recupero nei confronti del titolare del bene in caso di revoca del sequestro o della confisca” (art. 42, comma 2, d.lgs. n. 159/11); in quest’ultimo caso, dunque, gravano sulle spese di giustizia.

Il problema delle risorse si può affrontare:

–           con interventi (su evidenziati) diretti a prevenire o ridurre le criticità;

–          con finanziamenti compensati delle confische di somme di denaro e titoli, come si vedrà a breve;

–          con campagne di sensibilizzazione, in parte già in atto, che consentano l’afflusso di fondi da parte di fondazioni, istituzioni bancarie, Regioni;

–          con l’utilizzo dei fondi europei, anche con la collaborazione del Ministero per la coesione territoriale in forza di quanto previsto dal d.l. n. 101/13.

In ogni caso le risorse necessarie[49] possono essere  prelevate da “Fondi dedicati” a disposizione dell’Agenzia finanziati dal Fondo Unico Giustizia[50].

E’ interessante evidenziare alcuni aspetti relativi al  Fondo Unico Giustizia confluiscono le somme di denaro e i proventi derivanti da diverse fonti, tra cui quelli sequestrati ovvero derivanti dai beni confiscati nell’ambito di procedimenti penali o per l’applicazione di misure di prevenzione.

Le modalità di riparto previste dalla legge,  sono stabilite con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.

Dal sito del Ministero dell’Interno[1] risultano i seguenti dati:

–          alla data del 31 luglio 2012, risorse nette affluite al fondo 1.281 ml di €, versati al Ministero 112, 5 ml di € (pari all’11,4 %);

–          alla data del 31 luglio 2013, risorse nette affluite al fondo 947 ml di €, versati al Ministero 72,7 ml di € (pari al 13%).

In realtà gran parte delle somme affluite al Fug non sono destinate, come risulta da fonti ufficiali:

–          alla data del 31 dicembre 2011 le risorse intestate al Fug ammontavano a 2.212,88 milioni di euro;

–          di tale importo solo 1.065,52 milioni di euro erano effettivamente disponibili, in quanto riportati da conti correnti e depositi a risparmio; la parte residua riguardava titoli di diversa natura;

–          poiché una parte delle risorse non risultavano ancora definitivamente confiscate, si era previsto di mettere prudenzialmente da parte, per eventuali restituzioni qualora intervenissero atti di dissequestro, 343 milioni di euro;

–          residuavano 722,52 milioni di euro; ma, in considerazione delle entrate previste per il 2012 (291,43 milioni di euro per nuovi sequestri/confische) e delle uscite previste per il 2012 (352,36 milioni di euro per dissequestri), la stima della disponibilità al 31.12.2012 era di 661,59 milioni di euro. Peraltro anche tenendo conto di tale somma “utile” non vi è corrispondenza con le somme versate al Ministero dell’Interno in precedenza ricordate.

Queste alcune utili proposte:

–          le elevatissime somme presenti nel FUG in titoli, pur non volendo smobilizzarle,  potrebbero essere utilizzate quale “garanzia per finanziamenti” attraverso un apposito meccanismo da perfezionare;

–          parte delle risorse in contanti ben potrebbero essere utilizzate per alimentare i fondi per le imprese, trattandosi di somme relative a sequestri e confische.

Ulteriori somme potrebbero essere acquisite attraverso una congrua riduzione dell’aggio riconosciuto a Equitalia Giustizia, determinato annualmente con decreto del Ministero dell’Economia, oggi  nella misura del 5% dell’utile annuo della gestione finanziaria dello stesso Fondo.

 

11. Le ulteriori necessarie modifiche al d.lgs. n. 159/11.

Esaminate le criticità e i possibili rimedi normativi è opportuno fare un cenno a ulteriori modifiche al d.lgs. n. 159/11 che potrebbero risolvere alcune problematiche emerse nella fase dell’amministrazione, così consentendo che il bene pervenga nelle migliori condizioni possibili alla confisca definitiva[51].

Al fine di salvaguardare la riconosciuta segretezza della relazione dell’amministratore giudiziario (art. 36, comma 4) e di consentire la facoltà di contestazione della stima dei beni operata dall’amministratore (nella relazione), va prevista la comunicazione agli interessati dalla sola parte della relazione in questione.

In alternativa, più opportunamente, può escludersi la possibilità di contestazione della stima, trattandosi comunque di valutazione soggetta a riesame in ogni momento, prevedendo l’impugnabilità nei soli casi in cui assume valore rilevante per la parte (ad esempio nel caso di restituzione per equivalente).

Per meglio delineare i compiti dell’amministratore giudiziario (art. 37)  sarebbe opportuno:

  • emanare il decreto del Ministro della giustizia, previsto dall’art. 37, comma 1, con cui devono essere stabilite le norme per la tenuta del registro. Il vigente DM 293/91 è in buona parte superato, dovendo essere coordinato col d.lgs. n. 159/11 che, in parte, ha riportato alcune disposizioni dello stesso decreto ministeriale;
  • prevedere che nel caso di sequestro di immobili parte delle rendite derivanti dalla gestione non vengano versate al FUG (ovvero siano versate periodicamente) per consentire di  fare tempestivamente fronte alle esigenze di spesa ed evitare il ricorso alla richiesta da avanzare oggi al FUG ai sensi del DM 30 luglio 2009[52].

Con riferimento alla gestione dei beni sequestrati (art. 40) si dovrebbe intervenire sulla impugnabilità  degli atti dell’amministratore giudiziario.  Non si distingue  tra gli atti autorizzati dal giudice delegato (impugnabili direttamente in quanto provvedimenti del giudice) e quelli non autorizzati e non si precisa la modalità del reclamo e il termine[53].

Per la gestione delle aziende sequestrate (art. 41) va chiarito, in considerazione delle diverse prassi esistenti, il rapporto tra legale rappresentante di quote sociali sequestrate in misura maggioritaria e amministratore giudiziario[54]. Il Tribunale nel decreto di sequestro, o meglio il giudice delegato successivamente, potrebbero adottare un provvedimento in tal senso, anche per l’incidenza della spesa[55] che lo Stato deve sopportare.

Analogamente il Tribunale o il Giudice delegato dovrebbero specificare i poteri di controllo dell’amministratore giudiziario nel caso di sequestro di quote sociali minoritarie.

Per evitare problemi pratici occorre prevedere che il decreto del Tribunale che dispone la prosecuzione dell’impresa (ovvero il giudice delegato prima) consenta l’operatività anche delle attività che richiedono autorizzazioni e provvedimenti abilitativi di natura personale, che non possono ritenersi  caducati a seguito del sequestro e dell’estromissione del proposto (farmacie, tabaccherie, etc). Anche l’attività imprenditoriale può proseguire nei casi in cui siano venuti meno i requisiti “personali” che consentivano al proposto di svolgerla, come nel caso delle imprese edili in cui si richiede l’estraneità da contesti criminali[56].  

Opportune modifiche andrebbero apportate alla disciplina delle spese, dei compensi e dei rimborsi (art. 42).

Con riferimento al comma 1[57], l’attuale norma, sostanzialmente non correttamente applicabile, va modificata prevedendo i prelievi solo con riferimento alle disponibilità provenienti da quel determinato bene o riferibile al soggetto formale titolare del bene[58].

Per gli acconti si prevede (comma 3) l’applicabilità della medesima disciplina relativa alle liquidazioni finali (art. 42, comma 5). Nel caso di liquidazione di acconti con attivi di gestione non è, però, opportuno autorizzare il prelievo dall’attivo perché se segue la revoca del sequestro, le spese sono poste a carico dello Stato (art. 43, comma 3) e le somme anticipate  andrebbero restituite al proposto[59]. Non essendo previsto un apposito procedimento per la restituzione è  opportuno prevedere che tali somme siano poste a carico dello Stato, non essendovi alcun effetto pregiudizievole per l’Erario.

Infine, dovrebbero farsi rientrare espressamente nelle liquidazioni previste dall’art. 42 d.lgs. cit. anche le liquidazioni delle spese e dei compensi sostenuti nel corso del sub procedimento, disciplinato dal titolo IV, diretto all’accertamento e alla liquidazione dei diritti dei terzi.

    Va previsto l’obbligo del rendiconto dell’amministratore giudiziario (art. 43) all’atto della confisca definitiva, quando subentra l’Agenzia, così evitando contrasti interpretativi causati dal disposto dell’art. 38, comma 5[60].

Quanto al rendiconto dell’Agenzia nazionale potrebbe non ritenersi necessario nel caso di confisca definitiva, subentrando la stessa nella gestione del bene. Va mantenuto nel caso di revoca del sequestro (dopo la confisca di primo grado).

Per la gestione dei beni confiscati (art. 44) occorre modificare il comma 1 per rendere chiaro il diverso ruolo dell’agenzia, col conseguente carico di spese:

–          dalla confisca di primo grado a quella definitiva di amministrazione, sotto la direzione del giudice delegato, con spese sostenute (per il coadiutore e di altra natura) a carico del procedimento, anche per evitare un ingiustificato arricchimento del proposto o del terzo intestatario nel caso di revoca del sequestro;

–          dopo la confisca definitiva di gestione (ai sensi dell’articolo 20 della legge 23 dicembre 1993, n. 559 e, in quanto applicabile), quando l’Agenzia provvede al rimborso ed all’anticipazione delle spese, nonché alla liquidazione dei compensi.

Con riferimento alla destinazione dei beni e delle somme (art. 48) andrebbero recuperate le condizioni imposte dalle Commissioni giustizia delle Camere nel parere formulato allo schema di decreto legislativo, con le seguenti modifiche:

 

–           al comma 1, lett. b), limitando la vendita delle partecipazioni societarie alle sole partecipazioni minoritarie (o ampiamente minoritarie), comunque con modalità tali da garantire i livelli occupazionali;

–          al comma 3, lett. b),  prevedendo che sia residuale l’utilizzo per finalità economiche;

–           al comma 3, lett. c):

  •  aggiornando l’elenco delle associazioni assegnatarie dei beni immobili confiscati con le nuove leggi relative ad esempio alle Onlus e alle Associazioni di promozione sociale;
  • prevedendo che sia residuale la previsione che i beni non assegnati possono essere riutilizzati dagli enti territoriali per finalità di lucro;
  • prevedendo anche la pubblicità della destinazione dei beni (come avviene in parte già oggi) tramite il sito dell’Agenzia nazionale, con onere degli enti destinatari di fare inserire tutti gli elementi concernenti le fasi di assegnazione (bandi etc.) l’eventuale assegnazione (con indicazione dell’associazione beneficiaria), la concreta utilizzazione, con aggiornamento periodico e inserimento ogni anno di una relazione sulla concreta utilizzazione del bene a fini sociali;

–          al comma 8:

  •  prevedendo altra tipologia contrattuale in luogo  dell’imprecisato affitto a titolo gratuito  espungendo il termine “senza oneri a carico dello Stato”;
  • inserendo tra i possibili affittuari delle aziende anche le cooperative sociali di cui alla legge 381 del 1991;

 

12. Conclusioni

E’ possibile intervenire con modifiche normative agevoli e con costi sostenibili che consentirebbero di ridurre i costi (economici e sociali) di amministrazione e destinazione degli immobili confiscati, dimostrando l’efficacia del sequestro e della confisca.

Interventi tempesti ed efficaci alimenterebbero quel circuito positivo rappresentato dai tanti soggetti che operano con dedizione ed entusiasmo in questo settore.

 

 

26 settembre 2013

 



[1] Si ripercorre l’introduzione all’articolo citato in nota 1.

[2] Emblematico il progressivo ampliamento, da un lato dei soggetti destinatari della confisca di prevenzione, dall’altro dei delitti elencati nel citato art. 12 sexies.

[3] Confisca prevista da numerose disposizioni del codice penale (ivi compreso l’art. 416 bis, comma 7 c.p.) e di leggi speciali.

[4] Ipotesi ampliate progressivamente a numerosi delitti (oltre che alla confisca di prevenzione e a quella allargata). Manca però, come sarebbe opportuno, una disposizione di carattere generale che preveda l’applicabilità di tale istituto a delitti puniti con una determinata pena.

[5] Istituto previsto dal d.lgs. n. 231/01 che consente la confisca per equivalente anche per contravvenzioni.

[6] Artt. 317 e ss. c.p.p.

[7] Oltre al ricordato ampliamento dei delitti previsti dall’art. 12 sexies, particolare rilievo assume l’estensione dell’applicabilità delle misure di prevenzione patrimoniali a più ampie categorie di soggetti così come l’applicazione disgiunta di misure personali e patrimoniali.

[8]  La particolarità della materia della prevenzione, richiede una costante opera di lettura costituzionale delle norme, prima ancora di proporre lo scrutinio di costituzionalità. La stessa Corte costituzionale ha più volte offerto interpretazioni dirette a evitare declaratorie di incostituzionalità (sent. nn. 465/93, 282/10). Cfr. F. Menditto,  Le misure di prevenzione personali e patrimoniali, La confisca ex art. 12 sexies l. n. 356/92. Milano, 2012, pag. 28 e ss, 288 ss.

[9] I due interventi possono anche riguardare i medesimi beni.

[10] Procuratore della Repubblica del circondario ovvero del Distretto, Direttore della Direzione Investigativa Antimafia e Questore.

[11] Potere di richiesta attribuito al solo PM, competenza del giudice ex art. 279 c.p.p, procedimento di riesame, etc. La giurisprudenza della Suprema Corte è attualmente orientata ad attribuire la competenza alla direzione dell’amministrazione dei beni sequestrati in capo al giudice che ha adottato il sequestro (di norma il giudice per le indagini preliminari)  pur se per tutti gli altri provvedimenti relativi al sequestro (ad. es. istanza di revoca) è competente il giudice che procede (S.C. sent. nn. 4713/13, 4714/13, 11051/13, 9139/13, 20023/13).

[12] Questa la conclusione delle SS.UU (sent. nn. 5/93, 38834/08).

[13] Per una “ricostruzione storica” cfr.  F. Menditto, Gli strumenti di aggressione ai patrimoni illecitamente accumulati dalle organizzazioni di tipo mafioso: normativa, prassi e criticità dei procedimenti giudiziari -sequestro e confisca, penale e di prevenzione- e amministrativi -destinazione e utilizzazione dei beni-, con particolare riferimento all’istituzione dell’Agenzia Nazionale e a al Testo Unico delle misure di prevenzione, gennaio 2011,  in www.penalecontemporaneo.it, pagg. 22 e ss.

[14] Le linee guida ancora non risultano approvate.

[15] Nei casi in cui non è prevista l’udienza preliminare la fase deve ritenersi conclusa con l’emissione del decreto che dispone il giudizio (ad es. giudizio immediato).

[16] Cfr. F. Menditto,  Le misure di prevenzione personali e patrimoniali, cit, Milano, 2012, pag. 549 ss.

[17]  F. Menditto, Le prime modifiche al c.d. Codice Antimafia: d.lgs. n. 218/12 e l. n. 228/12, gennaio 2013, in www.penalecontemporaneo.it.

[18] Cfr. il sito dell’associazione Libera,  www. http://www.libera.it, sezioni “beni confiscati” e “libera terra”.

[19] Cfr. anche la sentenza Corte cost. 8.10.96, n. 335.

[20]Per un primo commento, Menditto F. Le sezioni unite civili sulla  tutela dei terzi nella confisca di prevenzione dopo la legge n. 228/12: l’ambito di applicabilità della nuova disciplina, giugno 2013, in www. Penale contemporaneo.it.

[21] Raccomandazione del Parlamento europeo del 7 maggio 2009, destinata al Consiglio sullo sviluppo di uno spazio di giustizia penale dell’Unione europea, Sviluppo di uno spazio di giustizia penale nell’UE , (2009/2012(INI)), ove si sollecitano, nell’ambito della lotta alle mafie, «iniziative in vista dell’adozione di uno strumento legislativo riguardante la confisca dei beni finanziari e delle proprietà delle organizzazioni criminali internazionali e la riutilizzazione di tali beni e proprietà a scopi sociali».

[22] Risoluzione del Parlamento europeo del 25 ottobre 2011 sulla criminalità organizzata nell’Unione europea (2010/2309(INI)).

[23] Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al congelamento e alla confisca dei proventi di reato nell’Unione europea, 12 marzo 2012,in www.penalecontemporaneo.it.

[24] Cfr. F. BALSAMO,  Il “codice antimafia” e la proposta di direttiva europea sulla confisca: quali prospettive per le misure patrimoniali nel contesto europeo?, in www.penalecontemporaneo.it.

[25] Sono utili i dati offerti dal Ministero della Giustizia in cui, alla data del 31 marzo 2013, si indicano complessivamente come sequestrati e confiscati nell’ambito dei procedimenti di prevenzione 51.660 beni immobili; sottraendo i circa 12.000 immobili confiscati indicati dall’Agenzia Nazionale risulterebbero oltre 40.000 immobili in sequestro di prevenzione.

[26] Cfr. emendamento n. 2.3000 presentato il 13 dicembre 2012, reperibile su http://www.senato.it/application/xmanager/projects/senato/file/repository/commissioni/comm05/legge_stabilita_2013/EMD_GOVERNO_ULTERIORI_2.3000_E_2.0.2000.pdf

Si prevedeva di modificare l’articolo 48, comma 5, quinto periodo, d.lgs. n. 159/11 nel seguente modo  ”Fatto salvo il disposto del comma 6 del presente articolo, la vendita è effettuata a soggetti pubblici o privati.”.

[27] Alcuni interessanti subemendamenti sono reperibili,  con riferimento all’art. 2 del testo originario (da 2.30001 a 2.3000/10), su http://www.senato.it/leg/16/BGT/Schede_v3/Ddliter/testi/39104_testi.htm , tra cui vanno segnalati quelli presentati da Della Monica e altri, (2.3000/3, testo 2)

 

[28] Cfr. F. Menditto,  Proposte essenziali di modifica ai Libri I, II, IV e V dello  schema di decreto legislativo del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione presentato dal Governo il 15giugno 2011, luglio 2011, par. 8, in www. penalecontemporaneo.it. Cfr. anche osservazione n. 57 del  parere della Commissione giustizia  del 2 agosto 2011 allo schema di decreto legislativo 159/11

[29] Si tratta, ad esempio delle disposizioni sul procedimento previsto dagli artt. 63 e 64 nel caso di concomitante fallimento, dei rapporti in corso di cui all’art. 56, degli adempimenti fiscali previsti dall’art. 51.

[30] Cfr. par. 9.5. F. Menditto, Addenda a Le misure di prevenzione personali e patrimoniali. La confisca ex l. n. 356/92, cit.

[31] Si ripercorre in gran parte quanto esposto al par. 7 di  F. Menditto,  Quale futuro per le aziende sequestrate e confiscate (e per l’Agenzia Nazionale)?  in http://www.magistraturademocratica.it/mdem/qg/, cit.

 

[32]  A solo titolo esemplificativo indico i dati dei provvedimenti adottati alla data del 10 settembre 2013 su richiesta della Procura della Repubblica di Lanciano (di ridotte dimensioni), ovviamente a me noti, relativi ai procedimenti, penali e di prevenzione, per i quali non opera la disciplina transitoria (iscritti dopo il 15 marzo 2012, con sequestro adottato successivamente):

a) sequestri di prevenzione: beni immobili 10, beni mobili registrati 4;

b) confische di prevenzione (primo grado), con amministrazione appena affidata all’Agenzia (ma non operante); beni immobili 71, quote sociali per intero di 4 società, beni mobili registrati 10;

c) sequestri ex art. 12 sexies l. n. 356/92 nella fase dibattimentale, con amministrazione diretta dell’Agenzia (non ancora operante): beni immobili 4, beni mobili registrati 15

[33] Ad esempio risultano già numerose applicazioni nei confronti di “evasori fiscali socialmente pericolosi”.

[34] Cfr. nota precedente.

[35] Tale conseguenza è consentita sulla base dell’attuale normativa, ma è opportuno introdurre una specifica disposizione.

[36] Si prevede anche la possibilità che in caso di sequestro di beni in comunione indivisa, l’amministratore giudiziario, previa autorizzazione del giudice delegato, può chiedere al giudice civile di essere nominato amministratore della comunione (art. 41, comma 5).

[37] L’art. 40, comma 5, prevede opportunamente che «In caso di sequestro di beni in comunione indivisa, l’amministratore giudiziario, previa autorizzazione del giudice delegato, può chiedere al giudice civile di essere nominato amministratore della comunione».

 

 

[38]Per un approfondimento può leggersi F. Menditto, Le sezioni unite civili sulla  tutela dei terzi nella confisca di prevenzione dopo la legge n. 228/12: l’ambito di applicabilità della nuova disciplina in www.pwnalecomtemporaneo.it, cit.

[39] La disciplina è contenuta nel titolo IV del Libro I. Vi è una diffusa critica alla regolamentazione operata che comporta, sostanzialmente, una “fallimentarizzazione”  del giudice della prevenzione. Cfr., ad esempio, le osservazioni svolte  F. Menditto,  Le luci e le (molte) ombre del c.d. codice antimafia, Cass Pen., 2012, 799 ss. In tal senso anche i pareri della Commissione Giustizia della Camera, formulati  il 2 agosto 2011 sullo schema di d.lgs. (n. 159/11) e il 2 agosto 2012 sullo schema di decreto correttivo (d.lgs. n. 218/12).

[40] La l. n. 228 ha ripreso il suggerimento contenuto nell’osservazione n. 55 formulato nei pareri della Commissioni parlamentari allo schema di decreto legislativo.

[41] Art,. 1, comma 3, lett. f) n. 3.3,  l. n. 136/10.

[42] Il Dems (Osservatorio nazionale sui beni confiscati istituito presso il Dipartimento di Studi Europei e della Integrazione Internazionale dell’Università di Palermo) ha avanzato numerose proposte di modifica al d.lgs. che possono leggersi in www.penalecontemporaneo.it. Tra le altre ha proposto la seguente modifica, utile perchè riporta in capo al giudice delegato il potere di fissare tempi e modalità della liquidazione ed esclude dalla vendita i beni che, ai sensi dell’art. 46, non potrebbero essere nemmeno restituiti all’avente diritto, perchè di particolare valore culturale o di particolare interesse:

all’art. 60, il comma 1 è sostituito dal seguente:

«1. Conclusa l’udienza di verifica, l’amministratore giudiziario provvede alla liquidazione dei beni mobili, delle aziende o rami d’azienda e degli immobili ove le somme apprese, riscosse o comunque ricevute non siano sufficienti a soddisfare i creditori utilmente collocati al passivo. Il giudice delegato fissa i tempi e le modalità per la liquidazione dei beni. Sono esclusi i beni culturali di cui all’articolo 10, comma 3, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e successive modificazioni, e gli immobili e le aree dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi degli articoli 136 e seguenti del medesimo codice, e successive modificazioni».

[43] E’ opportuna una precisazione normativa in tal senso.

[44] Va operata una “precisazione” nella parte in cui si afferma che la nuova disciplina si applica alle misure di prevenzione «disposte dopo il 13 ottobre 2013», dovendo intendersi per tali (ex art. 117, comma 1, d.lgs. n. 159/11) quelli  per i quali alla data del 13 ottobre 2013 non era «già stata formulata proposta di applicazione della misura di prevenzione». E’ “indifferente” l’epoca di definitività della confisca che può essere già intervenuta, anche in epoca remota, alla data di entrata in vigore della l. n. 228/12 (o alla data di entrata in vigore del d.lgs. n. 159/11) ovvero in epoca successiva (anche a distanza di anni).

[45] In tal senso le Sezioni Unite Civili.

[46] Il rapido iter della legge non ha consentito di esaminare un emendamento col quale era stato evidenziato che il riferimento (nell’attuale comma 197) all’estinzione di diritto di  oneri e pesi iscritti o trascritti anteriormente alla confisca, e non del sequestro, costituiva un evidente errore (emendamento, a firma dei senatori Della Monica e altri  reperibile sul sito istituzionale del Senato, in cui si proponeva di sostituire “sequestro” a “confisca, ”).

[47] Il sequestro è un provvedimento cautelare emesso dall’autorità giudiziaria inaudita altera parte in vista della futura confisca, diretto ad assicurare gli effetti della confisca che pacificamente retroagiscono al momento del sequestro.

[48]  Alcune parti della motivazione della sentenza delle Sezioni Unite potrebbero indurre a ritenere che le azioni esecutive mobiliari proseguono.

[49] Nell’esame delle criticità  è emerso:

–          che per i beni indivisi possono essere adottati meccanismi compensativi (vendita di quote minoritarie) che richiedono un’apposita “gestione” con eventuali anticipi che ben possono essere posti a carico del FUG;

–          che gli indennizzi previsti (dall’art. 55 d,lgs. n. 159/11) ler l’estinzione dei diritti personali di godimento possono essere evitati con un adeguato intervento nel corso del procedimento;

–           che le spese necessarie per la “riattazione” degli immobili possono essere in gran parte evitate attraverso un’adeguata attività di gestione nel corso del procedimento e con l’immediata destinazione dopo la confisca definitiva;

–          per i gravami ipotecari (e i creditori in buona fede, ove previsto)

  • per i procedimenti successivi all’entrata in vigore del d.lgs. n. 159/11 l’attuale normativa non prevede oneri a carico dello Stato (ma comunque un utile del 30%);
  •  per i procedimenti precedenti all’entrata in vigore del d.lgs. n. 159/11, la l. n. 228/12 prevede la vendita di beni da parte dell’Agenzia. Al momento non è quantificabile l’impegno di spesa, ma a breve potrà effettuarsi una previsione (con l’esame delle domande presentate e una loro valutazione preliminare).

[50] Si ripercorre il par. 9 F. Menditto,  Quale futuro per le aziende sequestrate e confiscate (e per l’Agenzia Nazionale)? , cit.

[51] Gran parte delle proposte sono contenute nel parere reso il 2 agosto 2011 dalla commissione giustizia della Camera dei Deputatati allo schema di d.lgs. n. 159/11, in gran parte riprese da  F. Menditto, Proposte essenziali di modifica ai Libri I, II, IV e V dello  schema di decreto legislativo del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione presentato dal Governo il 15giugno 2011, luglio 2011, cit.

[52] In tal senso la condizione n. 24 del parere della Commissione giustizia allo schema di decreto.

[53] Si riporta testualmente la proposta n. 15 del Dems.: Si potrebbe intervenire sull’art.  40, comma 4, sostituendo alle parole «in violazione del presente decreto» le parole «in assenza di  autorizzazione scritta del giudice delegato» e le parole «nel termine perentorio di dieci giorni» con «nel termine perentorio di quindici giorni dalla data in cui ne hanno avuto effettiva conoscenza»;

[54] In tal senso la condizione n. 27 del parere della Commissione giustizia allo schema di decreto legislativo.

[55] Lo schema di D.M. sui compensi prevedeva opportunamente un differente calcolo a seconda delle funzioni svolte dall’amministratore, con o senza legale rappresentanza.

[56] Cfr. la delibera dell’1 dicembre 2003 del servizio ispettivo dell’Autorità per la Vigilanza sui lavori pubblici in materia di  imprese edili che intendono partecipare a gare di appalto di Lavori Pubblici di importo superiore a € 150.000, c.d. SOA.

[57] La disposizione contrasta, nella parte in cui prevede il prelievo dalle somme che siano  «comunque nella disponibilità del procedimento», con la disciplina sulla contabilità separata che deve essere tenuta dall’amministratore con riferimento ai diversi soggetti proposti e ai diversi titolari formali dei beni (art. 37, comma 5, d.lgs. n. 159/11), ripercorsa dalle disposizioni regolamentari del Fondo Unico Giustizia che fanno riferimento a prelievi relativi al “compendio sequestrato”.  Nel caso, infatti, di revoca del sequestro  di beni appartenenti solo ad alcuni degli interessati, a questi deve essere restituito il bene, comprensivo di incrementi o decrementi, senza che possano gravare su tale valore eventuali prelievi diretti a soddisfare esigenze relative a beni di altri soggetti per i quali si provvede, nel caso di incapienza, con anticipazione da parte dello Stato.

[58] In tal senso la condizione n. 28 della Commissione giustizia della Camera dei deputati nel parere allo schema di decreto legislativo.

[59] In termini S.C. sent. n. 44073/10, nonché S.C. sez. 1 civ. sent. n. 8697/01.

[60] In tal senso la Condizione n. 30 della Commissione giustizia.

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