Giuseppe Ciminnisi

Nato a San Giovanni Gemini nel 1967, Giuseppe Ciminnisi è il figlio di Michele Ciminnisi ucciso per errore dalla mafia il 29 settembre 1981.

Giuseppe era un ragazzino di 14 anni, all’epoca. Mentre lui correva, tirava calci ad un pallone, suo padre, dopo il lavoro da impiegato comunale, si rilassava giocando a carte seduto al tavolo del bar Reina; Erano le sette di sera e quel piccolo locale era pieno. Dopo qualche minuto entra e si unisce a giocare con loro Calogero «Gigino» Pizzuto, che secondo molti pentiti in quel momento è il numero «3» della cupola palermitana, dopo Bontate ed Inzerillo. Pizzuto il 29 settembre è lì di passaggio. Lui è originario di Villalba, nel nisseno, ma vive a Palermo; è sua moglie ad essere originaria di San Giovanni Gemini. A ruota però lo seguono due, forse tre persone armate che raggiungono il boss e gli sparano contro diversi colpi. I killer sparano pur essendo completamente circondati da persone; ne hanno davanti, dietro e di fianco. Non importa. Loro sono lì per uccidere Pizzuto. Sparano, e pure tanto. Fino a quando Pizzuto si accascia sul tavolo senza vita. Poi, con calma, raggiungono l’auto in cui li attende un complice e si dileguano.

Nel bar rimangono due, tre feriti, chi dai proiettili di rimbalzo, chi dalle schegge. Due corpi però sono immobili. Uno è quello del boss. L’altro è quello di Vincenzo Romano, stroncato da un proiettile che gli si pianta dritto nel cuore. Anche Michele Ciminnisi viene colpito da un proiettile che ha attraversato il corpo del boss. Cerca di alzarsi, si dirige verso l’uscita del bar, forse riesce a vedere anche l’auto dei killer che si allontana. Non importa, perché dopo qualche metro si accascia a terra senza vita.


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