Da Partinico a Cinisi la strada è breve: in un attimo siamo nella piazza del Municipio.

Facciamo due passi, vediamo alcuni dei luoghi che fanno da sfondo a molte celebri foto di Peppino Impastato.

Arriviamo a piedi a Casa Memoria e Giovanni ci sta aspettando sulla porta. Ci accoglie in quella che era la casa della sua infanzia e che oggi è un luogo di incontro, di memoria, di condivisione e partecipazione dove la porta è sempre aperta per tutti.

Lo dotiamo di un microfono, accendiamo la videocamera e inizia il nostro percorso attraverso le stanze di Casa Memoria: immagini e locandine originali di Radio Aut e dell’attività politica di Peppino, la sua agenda, i documenti, fino alla sua camera da letto rimasta intatta da allora, come se il tempo si fosse fermato.

 

Con Giuseppe, Gaetano Porcasi e un altro amico abbiamo percorso i cento passi da Casa Memoria alla casa che fu di Tano Badalamenti: aprire quel portone è stata un’emozione difficile da descrivere. L’edificio, bene confiscato, è oggi gestito dall’Associazione Culturale Peppino Impastato che si sta occupando della messa in sicurezza e dell’adeguamento a nuova vita: luogo di memoria, cultura e impegno.

Attraversiamo l’immensa struttura di stanza in stanza, di piano in piano, ci affacciamo dal terrazzo da cui Badalamenti poteva osservare la casa di Peppino e tutta la via principale del paese. Proviamo a immaginare cosa potesse avvenire là dentro, mentre Giovanni prosegue il suo racconto.

 

Da qui, con i nostri tre amici, andiamo in macchina al luogo più oscuro e doloroso: il casolare in cui Peppino è stato barbaramente ucciso, a pochi metri dai binari della ferrovia in cui fu ritrovato il suo corpo dilaniato.

Nonostante anche questo, dopo una lunga battaglia, sia diventato un bene confiscato e affidato, quello che ci troviamo davanti è peggio di come ci era stato descritto: il tetto è semi crollato, l’interno come l’esterno sono pieni di detriti, sporcizia e non si sa bene cos’altro. Giovanni e la sua associazione non hanno i soldi necessari per la ristrutturazione ma nessuno, nemmeno la Regione Sicilia, sembra voler mettere a disposizione i circa 50mila euro che basterebbero per ristrutturarlo. L’idea non è quella di renderlo una casa ma semplicemente di riportarlo a quello che era prima, , semplicemente rimettere a posto i pezzi di un luogo che parla della storia del nostro paese. Oggi solo una piccola targa di legno, un mazzo di girasoli e un fiore appassito sotto un tetto pericolante ricordano il punto esatto dove Peppino Impastato fu ucciso dalla mafia.

Perché tutto questo? Forse perché non è il luogo adatto per le passerelle di chi appartiene all’ “antimafia s.p.a.”

 

Abbiamo promesso a Giovanni che ci impegneremo a lavorare al suo fianco per trovare la somma necessaria per il restauro prima che il casolare crolli definitivamente: faremo del nostro meglio.