Francesco Marcone

Ringraziamo Daniela Marcone, figlia di Francesco Marcone, ed il presidio Libera di Foggia, che ci hanno fornito questo documento e ci hanno consentito di pubblicarlo sul sito della nostra Associazione

 

La storia di Francesco Marcone

 

 

di Daniela Marcone e Libera Foggia

 

Dott. Francesco Marcone – alla memoria – Funzionario dello Stato, sempre distintosi per la salda preparazione professionale e l’alto rigore morale, costantemente impegnato a garantire il rispetto delle leggi e a contrastare ogni possibile tentativo di illegalità, veniva barbaramente assassinato nell’androne della propria abitazione in un vile agguato. Fulgido esempio di elette virtù civiche, di elevato spirito di servizio e di incondizionato senso del dovere.

Medaglia d’oro al merito civile

 

 

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31 marzo 1995, ore 19:10 Francesco Marcone viene assassinato nel portone di casa di rientro dal lavoro.

Francesco Marcone era direttore dell’ufficio del Registro di Foggia. Francesco Marcone era un cittadino dedito al suo territorio, all’onestà, alla giustizia , alla verità.  Nel rispetto del ruolo che ricopriva e per rispetto  della verità il 22 marzo invia un esposto alla Procura della Repubblica contro truffe perpetrate da ignoti falsi mediatori che garantivano, dietro pagamento, il rapido disbrigo di pratiche riguardanti lo stesso ufficio.

Il 3 aprile, giorno del suo funerale, mentre un quotidiano locale rivela che Francesco Marcone è stato il primo funzionario pubblico vittima di un omicidio sull’intero territorio nazionale, nell’omelia risuonano forti le parole di Mons. G. Casale, vescovo di Foggia: “ … quanti altri omicidi dovremo attendere, prima che insorga forte la risposta della nostra città alla malavita organizzata? … Che si faccia piazza pulita della diffusa omertà, della sempre più pericolosa indifferenza, delle collusioni abilmente mascherate ma tragicamente operanti nel tessuto sociale“.

Ed è poi con le parole della scrittrice Maria Marcone, sorella di Francesco, che si inizia a dar voce agli onesti. Il 6 aprile la stessa invia una lettera a tutti i giornali, in cui dice : “ non chiudiamoci nelle case … facciamo sentire la nostra voce … denunciamo le magagne piccole e grandi … i corrotti e i delinquenti contano sulla paura dei più … con quel morto ammazzato mandano un avvertimento preciso agli altri pochi onesti di non osare, altrimenti faranno la stessa fine.” La morte di Francesco Marcone ha trasmesso impegno civico, ed è così che nel maggio dello stesso anno alcuni insegnanti Foggiani raccolgono quell’invito e danno vita al “Comitato pro Francesco Marcone”, che come primo impegno raccoglierà tremila firme per un appello indirizzato al Presidente della Repubblica, al Ministro delle Finanze, al Presidente del Consiglio dei Ministri e alla Commissione Antimafia, in cui si chiede “ la massima attenzione nella scelta di chi andrà a ricoprire la carica di Marcone … e si sollecita la Commissione Antimafia ad esaminare la situazione foggiana “. Lo stesso Comitato incontrerà poi il Ministro delle Finanze, Augusto Fantozzi, che assicurerà la sua disponibilità e la sua volontà di seguire il caso con attenzione.

Intanto l’inchiesta va avanti e si susseguono i primi arresti, come quello per tentata concussione e falso del Direttore dell’Ufficio tributi del Comune di Foggia, Elio Affatato, che seppure non viene collegato con l’omicidio Marcone viene fuori da un filone della stessa indagine.

Nel mese di luglio è la volta del Direttore Regionale delle Entrate per la Puglia, Stefano Caruso, che viene posto agli arresti domiciliari e a cui vengono contestati i reati di concorso in abuso d’ufficio, rivelazioni di segreto d’ufficio ed evasione fiscale. Sul funzionario vi è il sospetto di aver favorito due imprenditori (il consigliere provinciale Antonio Marinari, a cui vengono contestati gli stessi reati, e il costruttore Salvatore Spezzati, a cui viene contestato il solo reato di abuso) per evitare il pagamento di un’onerosa imposta di oltre due miliardi per la cessione di un’azienda sul cui terreno si sarebbero dovuti costruire alcuni palazzi. Ma Caruso e Marinari ricevono un avviso di garanzia anche per l’omicidio Marcone. La verità sembra così poter venire alla luce ma il Tribunale delle Libertà di Bari, dopo una decina di giorni, annulla l’ordinanza di custodia cautelare emessa nei confronti di Caruso; ed è il 17 luglio dell’anno seguente quando viene notificata alla famiglia Marcone la richiesta di archiviazione del procedimento penale nei confronti dello stesso Caruso e di Marinari Antonio per difetto degli elementi idonei a sostenere l’accusa in giudizio e per scadenza dei termini. Nel 1998 si giunge così all’archiviazione delle piste relative al coinvolgimento dei Sigg. Caruso e Marinari.

Nel frattempo si susseguono gli avvisi di garanzia; questa volta ad esserne destinatari, per reati di falsità materiale, soppressione di atti vari, uso abusivo di sigilli veri e truffa aggravata, sono l’imprenditore Sarni ed un impiegato dell’Ufficio del Registro di Foggia. Vengono coinvolti anche un altro impiegato dello stesso Ufficio ed un notaio, dei quali non sono mai stati resi noti i nomi. Per tutti è imposto l’obbligo di dimora nei rispettivi Comuni di residenza.

Siamo nel 1999 quando giunge la presentazione di una istanza di riapertura delle indagini con l’indicazione di circostanze significative per l’individuazione dei moventi dell’omicidio, a seguito della quale viene aperto un procedimento contro ignoti.

Ma nel Luglio dell’anno seguente viene presenta  richiesta di archiviazione del procedimento a cui seguirà la tempestiva opposizione da parte della famiglia Marcone, intenzionata a far emergere la verità per Franco e per il bene dell’intera città. I legali della stessa famiglia ritengono inoltre che gli elementi risultanti dalle indagini condotte negli ultimi due anni necessitino di ulteriori approfondimenti. E’ il 7 marzo del 2001, a quasi sei anni dall’omicidio, quando si ha l’udienza dinanzi al Gip per la valutazione di tale opposizione; tre giorni dopo giungerà il provvedimento dello stesso Gip che rigetterà l’istanza di parte di archiviazione e prorogherà le indagini per ulteriori sei mesi.

Dopo tre mesi da questo provvedimento e attraverso l’attività d’indagine la squadra mobile individua colui che avrebbe fornito l’arma del delitto, Raffaele Rinaldi, che viene raggiunto da avviso di garanzia per concorso in omicidio; ma nel febbraio del 2002  Rinaldi, inspiegabilmente a piede libero, muore in un alquanto strano e misterioso incidente stradale.

In mezzo a questo susseguirsi di vicende, di arresti e scarcerazioni, di avvisi di garanzia e istanze di archiviazioni, fra le speranze di giustizia della famiglia e di quei cittadini onesti che desiderano verità, si giunge al 2004, anno in cui la vicenda processuale si chiude con l’archiviazione dell’ipotesi a carico di Rinaldi per decesso dell’indagato, anno a partire dal quale la giustizia resterà silente.

Da quei quasi dieci anni di inchieste a singhiozzi l’unica cosa che pare essere emersa come certa e inconfutabile e che può essere facilmente rilevabile dai documenti processuali è che il Direttore Marcone si era imbattuto e soffermato su pratiche miliardarie, su interessi di vari esponenti della città collegati con interessi della mafia locale, così come certo è il legame di Rinaldi con la stessa criminalità. Dalle carte processuali del caso Marcone, emerge inoltre che il magistrato Lucia Navazio scriveva, nero su bianco, che la “parte sana” della città non volle collaborare.

Risuona così prepotente il silenzio della giustizia mentre viene conferita a Franco Marcone la medaglia d’oro al merito civile, che reca la seguente motivazione:

Dott. Francesco Marcone – alla memoria – Funzionario dello Stato, sempre distintosi per la salda preparazione professionale e l’alto rigore morale, costantemente impegnato a garantire il rispetto delle leggi e a contrastare ogni possibile tentativo di illegalità, veniva barbaramente assassinato nell’androne della propria abitazione in un vile agguato.

Fulgido esempio di elette virtù civiche, di elevato spirito di servizio e di incondizionato senso del dovere.

Allo stesso Direttore sono poi state intitolate la via in cui è ubicato l’ingresso dell’Agenzia delle entrate della città,  la Scuola di Pubblica Amministrazione della Provincia di Foggia e il 21 marzo 2013 l’Amministrazione Comunale della città, a 18 anni dall’omicidio, ha voluto dedicargli una piazza, come gesto di gratitudine e allo stesso tempo di impegno. Il monumento presente al centro della stessa piazza, una lastra rettangolare, lineare e massiccia, è interrotta da due fori che rappresentano i due colpi di pistola che hanno strappato alla vita Marcone e reca l’iscrizione chiara e diretta “Non si costruisce giustizia senza verità”.

A 18 anni di distanza da quell’efferato omicidio, il caso Marcone resta un doloroso punto interrogativo per tutta la città. E Francesco Marcone è una vittima senza giustizia, una delle tantissime vittime di mafia di cui sono ancora ignoti i nomi dei mandanti e degli esecutori materiali.

Fra l’assordante silenzio della giustizia, la città di Foggia, capitanata dal Presidio provinciale di Libera, nato dall’impegno dalla figlia di Francesco, Daniela Marcone, non dimentica il suo Direttore, anzi, prova a rendere ancora più attuali e presenti i suoi insegnamenti, il suo senso di legalità e di rispetto nei confronti dello Stato.

“La verità ridà dignità ad un’intera comunità. Quindi, forse, bisogna riprendere a lavorare per la verità”, queste le parole di Daniela da cui emerge chiaro il bisogno di legalità, giustizia e verità; una triade strettamente interconnessa, ma troppo spesso ostacolata dalla pratica omertosa.

Francesco Marcone ripeteva sempre “Lo Stato siamo noi”, perché lo Stato per Marcone è ciascuno di noi, con i suoi comportamenti, i suoi gesti, le sue denunce, i suoi silenzi. Lui ha lavorato fino all’ultimo giorno, fino a quando la criminalità organizzata non ha deciso di fermarlo, uccidendolo appunto per aver fatto fin troppo bene il suo lavoro. Ed è questo lo straordinario esempio di un uomo comune, non un eroe, ma un uomo che decise di non piegare la testa, un funzionario dello Stato che scelse di fare bene il suo lavoro.

 

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