Ferdinando Domè

Ferdinando Domè è figlio di Giovanni Domè, custode del palazzo in cui il 10 dicembre 1969 andò in scena la strage di Viale Lazio.

La strage di Viale Lazio, avvenuta a Palermo il 10 dicembre 1969, fu uno dei più cruenti regolamenti di conti della storia di Cosa Nostra.

Un commando di killer composto da molti uomini fra cui Salvatore RiinaBernardo ProvenzanoCalogero Bagarella irruppero con addosso uniformi da agenti di polizia, negli uffici del costruttore Girolamo Moncada in viale Lazio, a Palermo, covo del boss Michele Cavataio detto il Cobra, capo della Famiglia dell’Acquasanta ritenuto colpevole di avere scatenato la guerra fra le famiglie mafiose.

I killer, aprirono il fuoco sui presenti e Cavataio provò a reagire  ma venne colpito più volte e cadde a terra. Provenzano gli si avvicinò per controllare, tirando il Cavataio per i piedi, ma quest’ultimo colpì all’improvviso Calogero Bagarella con un colpo di pistola al petto e cercò di colpire al viso Provenzano, ma la pistola non aveva più colpi. Provenzano a sua volta cercò di sparargli una raffica di mitra ma il mitra si inceppò e allora gli fracassò il cranio con il calcio della sua Beretta, prima di finirlo definitivamente con un colpo di pistola alla testa. Bernardo Provenzano, per questo, si meritò il soprannome di Binnu u’ tratturi.

Oltre a Calogero Bagarella e al boss Michele Cavataio, morirono quattro uomini dipendenti dell’impresa, Francesco Tumminello, pregiudicato, socio-custode-guardaspalle del vecchio Girolamo Moncada, il manovale Salvatore Bevilacqua e il custode del cantiere, Giovanni Domè, completamente estranei ai fatti.


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